Racconto: Bagliori e Scintille di fuoco

Buongiorno mondo oggi vi posto un racconto con cui nel 2011 sono arrivata terza al concorso Internazionale: "Amico Rom".
Bagliori e scintille di fuoco. 
 Voi che adesso siete qui stretti nel vostro cappottino firmato “monclear”, sapete cosa si prova a dormire in una baracca nei mesi gelidi d’inverno, ve lo spiego io cosa si prova: un freddo cane. Il freddo e l’umidità d’inverno ti penetrano nelle ossa, e anche se a volte qualche raggio di tiepido sole invernale, mitiga il lungo inverno, nella mia casa fatta di lamiere, compensato e plastica, vi assicuro che il freddo rimane, passa come uno stiletto fra le lamiere, s’insinua nelle stanze e penetra nelle braccia, nelle gambe, nella testa. Sorridete se in casa indossiamo il cappello, il cappotto o due paia di calze ai piedi, a volte non bastano neanche quelli a darti calore. La sera ci scaldiamo con il braciere, una grande ciotola di terracotta con il carbone accesso che emana bagliori e scintille di fuoco; insieme con i bambini, per terra, a cerchio, ridiamo e scherziamo, mentre un grande televisore trasmette “Il grande fratello”. C’insultate perché non possediamo nulla, ma il televisore al plasma regna sovrano nelle nostre baracche. Voi che, con al polso un rolex d’oro, per elemosina ci date due centesimi e vi incazzate se sputo sui vostri centesimi e li butto sul cofano del vostro luccicante Suv. Fanculo! Leggo sui vostri volti il disprezzo, e un supponente pregiudizio: “Che madre indegna…lascia i figli da soli, con il fuoco dentro la baracca. Non dovrebbero mettere al mondo dei figli questa gentaglia”. Ho sempre detto ai ragazzi di non lasciare acceso il braciere durante la notte, ma i ragazzi non ti ascoltano. Erano piccoli, non conoscevano il pericolo, volevano solo scaldarsi. “Se mi avessero ascoltato, adesso non sarei qui a piangere questo scempio”. Rivoli di fumo, nonostante gli ettolitri d’acqua buttate dai pompieri, fuoriescono da quell’ammasso di cenere e lamiere. Non è rimasto nulla del poco che c’era. Le fiamme hanno lambito velocemente tutto, portando con sé anche quattro piccole vite. Rimangono quattro piccoli scheletri inceneriti, tra le contorte lamiere. Il campo è pieno di persone in divise con alamari dorati, pompieri, medici e personaggi emeriti, perfino il sindaco. Sono ammutoliti. “… sono state queste burocrazie maledette a rallentare la realizzazione di un campo nomadi con case in mattone e cemento…ed ecco cosa è successo..” Parole vuote accompagnate da visi fintamente affranti, ma fanno effetto durante il telegiornale. Come un copione già scritto decine di volte viene messa una tendopoli, nell’attesa di una sistemazione più dignitosa. “… perché avete gli stessi diritti degli altri…” Degli altri … allora per te sono diversa. Non capisco. Non mi vedo diversa da te. Ho due occhi un naso, una bocca proprio come te. La mia vita può sembrare diversa dalla tua perché vivo con poco, senza stereotipi, libera, priva del tuo perbenismo, e senza il tuo falso dolore. Sì, sto piangendo, mi strappo i capelli, mi rotolo in mezzo al fango urlando la mia disperazione. Mi fissate come se fossi un extraterrestre, per voi il dolore è composto, non si mostra al pubblico, e comunque non in modo così plateale. Oggi ho perso quattro figli e devo urlare il mio dolore, non posso piangere in silenzio o portare il dolore dentro il cuore. Lasciatemi strappare i capelli è colpa mia se sono rimasti intrappolati nelle lamiere e bruciati vivi. “… Se fossi rimasta con loro, se non fossi andata a vendere le rose, se non avessi lasciato acceso il braciere…se…” Sono corpi inceneriti a disposizione delle autorità. Quali pratiche dovete assolvere, non lo capite con i vostri occhi che non ritorneranno in vita. Sono morti, scheletriti, stecchiti. Sono cenere. Scoprire le cause non serve per noi emarginati dalla vostra società. Mi tappo le orecchie e chiudo gli occhi con forza. Non voglio sentire. Non voglio vedere. Andate via, lasciatemi sola con il mio dolore. Ho freddo, portatemi un braciere.

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