Il 9 marzo del 1883 nasceva a Trieste Umberto Poli che assumerà il nome d'arte SABA, grande poeta del novecento. Ebbe una vita travagliata, cresciuto senza padre, in quanto abbandonò la madre ancor prima della nascita, fu allevato da una balia, da cui assumerà il cognome d'arte. Ebbe problemi di nevrastenia e costretto a rivolgersi ad un psichiatra allievo di Freud. Attorno al 1910 comincia la sua produzione poetica e la collaborazione con la rivista LA VOCE. Nel 1918 apre una libreria antiquaria che diventa anche un luogo d'incontro tra poeti e letterati. Nel 1921 pubblica IL CANZONIERE che raccoglie tutte le sue poesie. Nel 1946 riceve il premio VIAREGGIO. Dopo un periodo di grave malattia in cui perde l'uso delle gambe scrive un romanzo: ERNESTO, che sarà pubblicato postumo alla sua morte avvenuta nel 1957.
Le sue poesie trattano gli aspetti giornalieri della vita, usa parole semplici come anche la metrica, non ama usare parole roboanti, tipiche dell'epoca in cui cominciò a scrivere, ma usa parole "senza storia" come le definisce lui stesso. Nelle sue poesie ritroviamo la sua Trieste, la donna amata, i ricordi dell'infanzia, aspetti della sua quotidianità con parole "domestiche", tutte le sue produzioni poetiche sono pervase da un senso di affetto come un padre verso le sue creature.
Una delle sue poesie che amo di più: C'era
C’era, un po’ in ombra, il focolaio; aveva
arnesi, intorno, di rame. Su quello
si chinava la madre col soffietto,
e uscivano faville.
C’era nel mezzo una tavola dove
versava antica donna le provviste.
Il mattarello vi allungava a tondo
la pasta molle.
C’era, dipinta in verde, una stia,
e la gallina in libertà raspava.
Due mastelli, là sopra, riflettevano,
colmi, gli oggetti.
C’era, mal visto nel luogo, un fanciullo.
Le sue speranze assieme alle faville
del focolaio si alzavano. Alcuna
guarda! è rimasta.
arnesi, intorno, di rame. Su quello
si chinava la madre col soffietto,
e uscivano faville.
C’era nel mezzo una tavola dove
versava antica donna le provviste.
Il mattarello vi allungava a tondo
la pasta molle.
C’era, dipinta in verde, una stia,
e la gallina in libertà raspava.
Due mastelli, là sopra, riflettevano,
colmi, gli oggetti.
C’era, mal visto nel luogo, un fanciullo.
Le sue speranze assieme alle faville
del focolaio si alzavano. Alcuna
guarda! è rimasta.
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