Un airone bianco

Un mio breve racconto in 200 parole.


Un airone bianco


        Quando ero bambina sono sempre stata affascinata dagli aironi bianchi, i più rari, per il loro elegante collo e la forma che mi faceva pensare alla lettera esse dell’alfabeto, i miei quaderni di scuola erano pieni di esse trasformate in magnifici aironi….

Non sento più le braccia, le mie labbra sono mute, gli occhi non vedono più. Tutto è morto dentro di me. Tranne i ricordi. Sono come una canna al vento, cresciuta, qui, nei pressi di quell’angolo del fiume Oglio, dove il mio corpo è rimasto immobile per giorni.

Sono qui sepolta vicino ad un fiume, coperta da rami secchi, foglie e sterpaglie.
Non sento dolore, solo tanta tristezza.
Sono leggera, esile preda del vento, come lo sono stata per te prima. Una piccola preda dagli occhi di cerbiatto, con il sorriso aperto, fiducioso di chi crede all’amore, alla vita.

Ho sentito la lama del coltello affondare nel ventre, il sangue caldo sgorgare, non provavo dolore, solo stupore.
Perché mi stai colpendo?
Per ogni coltellata che mi hai inferto ti guardavo incredula.
Ti ho tanto amato e tu stai lentamente togliendomi la vita.
L’amore di un tempo non riesco a vederlo nei tuoi occhi, vedo solo la tua rabbia, il tuo odio inspiegabile.
Perché non vuoi che io possa continuare ad accarezzare il viso del nostro bambino?
Ho cercato di difendermi, ho incrociato le mani davanti al viso.
Hai continuato a colpirmi.
Perché infierisci sul mio corpo?
Ti ho pregato di smettere in nome del nostro amore, in nome del tuo Dio.
Non hai smesso.
Perché vuoi strapparmi la vita?
Ti ho chiesto di non togliere la mamma al nostro bambino.
Eri una furia cieca sul mio corpo inerme.
Perché non vuoi che possa ancora accarezzare il nostro bambino?

Non mi rispondi.

Non mi ascolti.

Sei in preda alla folle, cieca, rabbiosa gelosia.

Sento freddo, tanto freddo.
Oscillo nella dolce brezza primaverile.
Adesso in che cosa mi trasformerò?
Spero in un airone, come nei miei sogni da bambina.

Almeno potrò volare e guardare dall’alto i riccioli neri del mio bambino.


Ferlisi Maria Lucia








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