Juana
de la Cruz è nata a San Miguel il 12/11/1648 ed è morta a Città del Messico il
17/04/1695.
La
sua figura è importante nella storia delle donne e dell'emancipazione
femminile, in quanto, in tutta la sua breve vita, lottò per
l'affermazione del diritto allo studio anche per le donne.
Possiamo
affermare che è stata la prima donna femminista dell'America
coloniale.
Juana
nacque da un'unione irregolare, era quindi una figlia illegittima, in
quanto la madre era una creola, nativa messicana, il padre
spagnolo, e le unioni miste in Messico non erano riconosciute, non potevano contrarre matrimonio, il padre consapevole delle leggi
l' abbandonò.
La
sua cultura è merito del nonno, ricco proprietario terriero, aveva
una biblioteca fornitissima, dove Juana imparò a leggere e scrivere, già
dall'età di tre anni. La sua cultura era vasta, da autodidatta,
avrebbe voluto entrare all'università, anche fingendosi uomo, in
quanto le università erano proibite alle donne, ma la madre non
volle.
Continuò
testardamente gli studi da sola.
Sapeva
il latino, amava la matematica, la metafisica e la teologia. La
sua prima poesia la scrisse all'età di otto anni.
Fu
la dama di compagnia di Lenor Carretto, vice regina, la quale
l'ammise nel suo salotto letterario all'età di tredici anni.
La
sua presenza era ingombrante, era giovane, era bella, era colta, per
cui l'invidia di corte si scatenò contro di lei. Fu contrastata, in
quanto la vice regina la volle come insegnante per sua figlia, per
farlo dovette sostenere un esame davanti a circa 40 prelati che
l'interrogarono per verificare il suo sapere.
Furono
sparse illazioni su una sua presunta relazione con la vice regina,
alla quale dedicava molti sonetti, considerati scabrosi.
Fu
contrastata e perseguitata dal Vescovo che non accettava le capacità
della ragazza, non ancora ventenne, di disquisire su temi teologici e
per la fama che aveva riscosso all'interno della corte.
La
stima e la notorietà di Juana disturbava tutto il clero.
Era
una donna bella, colta, testarda e schietta, un vero pericolo per la
società di allora, negata alle donne.
In
corte si scoprì che era una figlia illegittima, anche se la vice
regina non l'allontanò dalla corte, fu Juana a sentirsi in colpa e
diversa. Sapeva che non aveva molte chance, diventare una cortigiana
o madre di figli illegittimi.
Sicuramente
la consapevolezza di non poter auspicare ad un matrimonio con uno
spagnolo, le fece prendere la decisione di entrare in convento, nelle
suore Carmelitane scalze.
Dopo tre mesi, fuggì, presumibilmente per la vita che conduceva all'interno che la privava di poter leggere e scrivere. Decise allora di entrare nel convento dell'ordine di San Girolamo, dove vi rimase fino al giorno della morte.
Nel convento di San Girolamo aveva a disposizione testi sacri e tempo per leggerli, e lei era felice di questo: leggere e scrivere. La sua vera vita. Rimase sempre al centro della vita culturale e riuscì a coniugare la sua sete di cultura con gli obblighi religiosi. Si dedicò alla cucina diventando in breve una bravissima cuoca e invitando nel convento anche esponenti della vita di corte che apprezzavano le sue doti culinarie.
La sua presenza se da una parte suscitava ammirazione, dall'altra era soggetta all'invidia delle consorelle e alla rabbia, mal celata, del vescovo, suo confessore, e dell'arcivescovo che dovevano però trattenere, in quanto la religiosa godeva della protezione della corte.
Dopo tre mesi, fuggì, presumibilmente per la vita che conduceva all'interno che la privava di poter leggere e scrivere. Decise allora di entrare nel convento dell'ordine di San Girolamo, dove vi rimase fino al giorno della morte.
Nel convento di San Girolamo aveva a disposizione testi sacri e tempo per leggerli, e lei era felice di questo: leggere e scrivere. La sua vera vita. Rimase sempre al centro della vita culturale e riuscì a coniugare la sua sete di cultura con gli obblighi religiosi. Si dedicò alla cucina diventando in breve una bravissima cuoca e invitando nel convento anche esponenti della vita di corte che apprezzavano le sue doti culinarie.
La sua presenza se da una parte suscitava ammirazione, dall'altra era soggetta all'invidia delle consorelle e alla rabbia, mal celata, del vescovo, suo confessore, e dell'arcivescovo che dovevano però trattenere, in quanto la religiosa godeva della protezione della corte.
Dopo
il trasferimento della vice regina Lenor e della sua morte, arrivò
a Città del Messico Maria Luisa, moglie del nuovo viceré.
Tra
le due donne nacque una forte amicizia, la suora le dedicò diversi
sonetti amorosi.
I
suoi scritti suscitarono ancor più scalpore in quanto erano molto "carnali",
"appassionati", esulavano dalla semplice amicizia, erano
vere e proprie parole d'amore.
«L’amore, mia signora, non trova in me alcuna resistenza e manda in fiamme il mio cuore esausto», «Amarvi è un crimine per cui non farò mai penitenza. Non importa se voi eludete i miei abbracci, mia cara, perché il solo mio pensiero può imprigionarvi».
I
regnanti furono richiamati in patria per problemi interni.
Maria
Luisa continuò ad aiutarla, facendo stampare le suo opere, ma ormai
il declino della fama della religiosa era iniziato.
Sor
Juana de la Cruz rimase nel convento priva della protezione reale, di
cui aveva goduto i benefici fino ad allora, esposta agli eventi e ai
sempre più difficili rapporti con la Chiesa.
Cambiò
il rapporto del vescovo e del clero contro di lei.
Dovette
scrivere al Vescovo per difendersi dalle accuse di non essere una
suora devota e di non amare Dio, il suo scritto Respuesta a sor
Filotea, divenne un motivo in più di ammirazione tra i reali, ma
ormai erano lontani, Juana, per non rischiare l'inquisizione,
dovette firmare un patto con il vescovo che l'obbligò al silenzio ed
alla vendita dei suoi oltre quattro mila libri, il cui ricavato
sarebbe stato distribuito ai poveri.
Sor
Juana, rimase in silenzio, ma continuò leggere e scrivere, in segreto, durante la notte di nascosto alle sue stesse consorelle, ed alla
sua morte furono ritrovati tutti i suoi scritti.
Morì per la peste
che si era propagata con veemenza in città del Messico, e portò
alla morte quasi tutte le sorelle del convento, si dice che fino
alla fine aiutò le sorelle che stavano morendo come lei.
Molti
suoi scritti sono stati pubblicati nel 1700 in Spagna.
Vi
consiglio di vedere anche l'appassionato sceneggiato proposto da
netflix, da cui ho tratto molto per scrivere questa sintesi, e farvi
conoscere la forza di una donna che ha sfidato la società e il suo
stesso corpo, rinunciando alla sessualità pur di leggere e scrivere
che erano una passione più forte dell'amore stesso.
Una
donna che ha sofferto per le sue scelte. Una suora che è stata
oggetto di una vera e propria persecuzione da parte del vescovo, solo
perché sapeva la teologia come un prete. Lei una donna, una suora.
Una donna che anche in punta di morte ha continuato a credere di essere nel peccato solo per amore della cultura. Le suo ultime parole sono state" Yo la peor de todas", che fu anche uno dei suoi ultimo scritti.
Una
poetessa che andrebbe rivalutata, come tante altre letterate dei
secoli passati i cui versi o racconti rimangono nascosti e
sconosciuti, nonostante l'alta liricità dei versi, come nel caso
della nostra Juana.
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