venerdì 6 settembre 2019

Però, quante ne ho passate! di Gianluigi Redaelli



 Però, quante ne ho passate!
di
Gianluigi Redaelli








Sono un ragazzo del ‘43, molto schifato dell’attualità politica e sociale, Gianluigi Redaelli
per cui mi sono rifugiato nel mio passato, così ho scritto un libro della mia vita, che è stata ricca di esperienze, attingendo a una sorta di diario, che ho sempre tenuto, con particolare attenzione agli anni 60-70, contestualizzando con i fatti generali.
Chissà che non riporti ricordi alla memoria degli anta, e che non possa dire qualcosa di nuovo ai millennials.
Interessante esempio di romanzo autobiografico, a tratti poetico, con innesti sotto forma di diario: Però, quante ne ho passate! si configura come ottimo prodotto letterario, assemblato con cura dei dettagli, con stile puntuale, chiaro e immediato, con la volontà di pescare dal passato occasioni di riflessione per il presente o il futuro, con abilità nel rendere vivide le immagini evocate, tanto da far vivere empaticamente al lettore le esperienze narrate.

Il modus scribendi di Redaelli denota una buona conoscenza della nostra lingua, il ritmo risulta mediamente elevato, l’ironia che viene usata in certi passaggi e la veridicità che si respira leggendo, sono ulteriori valori aggiunti di un’opera che può risultare interessante sia per il lettore giovane, che cerca storie dalle tinte vivaci, sia per quello più maturo, che aspira a profondità di narrazione.
Insomma, una gran bella “storia”, da ascoltare, da apprezzare in tutte le sue sfumature. Un uomo che si mette a nudo, che racconta quello che adesso è passato è di moda: lottare per un ideale, crederci, fino all’inverosimile.
Infatti, benché molto personale, ci sembra in grado di raccontare, in maniera appunto originale, un ampio scorcio della nostra storia recente.



Però, quante ne ho passate!
Vita di Gian ovvero l’evoluzione attraverso 50 anni di esperienze di un uomo, quasi, qualunque, da tagliato fuori a figlio del 68 e militante impegnato.
L’inizio, dalla venuta al mondo 1943 al 1964- Infanzia adolescenza, antichi ricordi, fatti curiosi e tragici- La naja gioie e dolori della vita da recluta- Quella volta che diventai enigmista- Tentativi di farla finita, un profondo mutamento, mondo beat, uscita di casa, i Quindici, prima auto, amicizie importanti, esperienze psichedeliche, vita da abbaino e profondi casini, innamoramenti a getto continuo- Militanza anarchica, primi viaggi, congresso di Carrara, movimento, manifestazioni, fermato e manganellato, coabitazioni drammatiche con femmine- Cronache dall’abbaino, con le femmine sempre imbranato, fiera campionaria con bombe, Calabresi- nuovo gruppo amici, auto arancione, altra coabitazione drammatica, infine sverginamento e liberazione- Viaggio in autostop, fatti d’Amsterdam, esperienze varie in Svizzera- Visita al fratello militare ribelle, primo ricovero, Living Theatre, Piazza Fontana, nuova amicizia, nuovi interessi- Trip, ancora strascichi d’incasinamento sentimentale, secondo ricovero, nuova abitazione molto frequentata, Max Capa, grande amore, felicità- Viaggio in Pakistan, cronaca puntuale di un mese eccezionale e più di 17.000 km.- Giornale erotico OS, Cardella, yin e yang, macrobiotica, vegetariano, lavoro notturno per le poste, l’Età dell’Acquario - matrimonio civile, scontro con famiglia sposa, vita in campagna solo, nuove atmosfere, braccio di ferro con sposa, infine convivenza felice a Zinasco, nuovi amici, viaggio a Napoli, cagnetta Pinella, pulmino, lavoro volantini e panettoni- vita al Guado, esperienze varie di cooperazione e amore, canzoniere cubano, crisi matrimoniale, primo viaggio in Sicilia, Danilo Dolci e Lorenzo Barbera- striscione Cresm, Sicilia Belice Gibellina, Ocml lavoro politico- Attività per referendum divorzio, Partanna, baracca Martin Luther King, Lavoro e attività politica in cantiere e sindacato edili. Il tutto raffrontato con gli avvenimenti del mondo.



Estratto
Ero sui settant’anni quando un giorno, di prima mattina, guardandomi allo specchio prima di farmi la barba, mi scoprii improvvisamente un po’ raggrinzito, insomma vecchio.

Dapprima cercai di distrarmi col giochino che ogni tanto mi veniva di fare, cioè farmi la barba da una parte sola del viso, lasciando l’altra piena e scura, come per interpretare un personaggio alla Dr Jekyll e Mr Hyde, quasi per illudermi di poter diventare un altro. (Ma quando capitava che così a metà, mi mostrassi alla mia cara metà, finiva regolarmente in una specie di derisione, senza alcuna comprensione).
Quel giorno non mi mostrai, e pensieroso ritornai all’impressione che mi aveva fatto quel libro appena letto, era una specie di romanzo-diario e narrava proprio del mio periodo, e avevo trovato molti punti di condivisione emotiva.
Ma perché, non ne ho passate tante, anch’io? Mi dicevo, quasi con stizza, e allora non potrei scrivermela pure io la mia vita? Cominciai a pensarci, ricordando anche le parole di quell’illustre critico dichiarare in tv che solo un grande scrittore aveva diritto alla propria biografia, a raccontare agli altri la propria storia. In un primo momento gli avevo quasi dato ragione, nel senso che non ci avevo riflettuto molto. Poi, dopo quel sogno incredibile, in cui venivo strapazzato da illustri scrittori, tanto amati, tra i quali il Kerouac di Sulla strada che mi aveva cambiato la vita, e addirittura da un Charles Bukowski che mi gridava in faccia che il tutto era una fottutissima stronzata, fu allora che cominciai a chiedermi se quella non fosse stata proprio una dichiarazione stronza, anzi stronzissima.
Perché mai quella limitazione aprioristica? In base a quale legge, a quale logica? Così, tanto per il piacere di escludere, di stabilire degli steccati, di creare dei privilegi. Chiunque, mi dicevo, deve essere libero, se vuole, di poter scrivere la propria biografia, di raccontare la propria vita, qualunque essa sia, se ne ha voglia, e la capacità, ovviamente.
Altro discorso è se poi questo racconto autobiografico interessi a qualcuno, se l’ipotetico libro sarà mai venduto, soprattutto, mi dicevo con un ghigno, se detto libro vedrà mai la luce. Sono nessuno, solo un illustre sconosciuto, come tanti altri; non sono figlio d’arte, non ho genitori importanti, amici influenti, protettori politici. Sono nessuno e mi sta bene così. Ma sono qualcuno comunque, e ho tanto da raccontare. Guardandomi indietro un po’ di cose le ho fatte, vicissitudini che attraversano cinquant’anni della storia di questo paese, quindi si può considerare questo il diario di un uomo qualunque che ha navigato per mezzo secolo nelle acque turbinose italiane, senza affondare, e da piccolo protagonista, non solo da spettatore.
Il desiderio di scrivere questo mio libro epocale- non perché possa fare epoca ma semplicemente perché descrive un’epoca, la mia, anzi la nostra- è anche il tentativo di ritrovare, lanciando dei messaggi, tutti quei vecchi amici e compagni di strada di cui ho perso le tracce.
Argomentai così per un po’ finché con questa definitiva ponderata valutazione, presi la decisione: Chissenefrega, io ci provo, tanto che cos’ho da perdere? Intanto il titolo: Però, quante ne ho fatte! Dopo attenta riflessione mi sembrò pericoloso, a rischio di false interpretazioni, equivocabili, tipo fatte cosa? Marachelle, schifezze, cagate, porcherie? No, meglio un termine più chiaro. Però, quante me ne sono successe, mi son capitate, o ne ho passate, ecco sì questo va bene. Et voilà il titolo: Però, quante ne ho passate! Ma ora cominciamo, se poi funzionerà, chissà…


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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.