IL BRANCO DEL CASALE
DI
MARCO DANESI
Recensione di
Maria Lucia Ferlisi
Kappa continua a chiedersi come hanno fatto a trovarlo, dopo l'assalto al casale era riuscito a sfuggire
alla furia dei "Topi", e con un Boccalarga che era quasi riuscito a farlo prigioniero, ma con la forza della disperazione era riuscito a invertire le parti. Non sapeva che fine avessero fatto i suoi compagni di vita in quel sperduto casale che sembrava foss
e sfuggito dalle cartine geografiche e di cui tutti ne ignorassero l'esistenza e quel tentativo di riprendersi la vita di Tre, Bisca, Barba, Quattro, Tumulo, il Vecchio, il Gigante e il Ragazzino. Anni passati insieme, ognuno con i propri segreti e la fuga da qualcosa che preferivano tenere nascosta e segreta nel cuore.
Tutta la conoscenza che si era perduta e quel poco di tecnologia che avevano potuto in qualche modo salvare. E poi c'erano la tundra ed il casale.Quel posto sembrava vergine come all'inizio dei tempi.Intorno al casale non c'era segno di quei passaggi che avevano fatto tremare il mondo.Non c'era l'ombra di un'autostrada in disfacimento, di una qualche vecchia miniera gigantesca, di palazzi crollati e di chiese o quello che fosse.Come per un miracolo.Aveva la sensazione che quel paesaggio non fosse mai cambiato. Come se il tempo non avesse avuto alcun effetto. E allo stesso modo loro non potevano che essere futili istanti privi di qualsiasi significato.A ripetere in maniera compulsiva il proprio sopravvivere, fino a che non fosse finito, quel sopravvivere.Mentre il mondo che li circondava non ne registrava neanche la presenza, occupato come era a morire nel gelo.
Adesso Kappa è in una buca, stretta e fredda poco distante dal casale, con l'angoscia che Boccalarga, prigioniero, è uno dei Topi incaricato di riportarlo presso il loro Stato Maggiore perché hanno scoperto il motivo della sua fuga.
Lui è il prigioniero, soli, uno di fronte all'altro, e nel tentativo di farlo parlare, adopera le stesse torture di cui i Topi sono abili, ma Boccalarga è abituato, non parla, nonostante le braccia ed un ginocchio spezzato, con la testa massacrata, con lacrime e sangue inghiottiti, non parla, consapevole che alla fine delle torture l'aspetta la morte e sa che i suoi compari non arriveranno a prenderlo.
Kappa capisce, non è lui l'obiettivo. Ma chi può essere tra i pochi membri del casale? Deve tornare la dentro per comprendere vedere chi è rimasto vivo, controllare se qualcuno è riuscito a sfuggire a quel branco di assassini torturatori senza pietà.
Lascia il prigioniero agonizzante e raggiunge il casale. fruga in tutti gli angoli, ritrova i corpi senza vita di Barba e del Gigante, Bisca e il ragazzino sembra siano riusciti a sfuggire da un tunnel costruito negli anni. Kappa ritrova alcuni foglietti di Tumulo e altri indecifrabili del ragazzino.
Adesso comprende.
Il suo pensiero va a qualche giorno prima dell'assedio e alle parole del Vecchio:
Qualcuno si avvicina da Est. Sono lontani, anche con il binocolo sono troppi distanti per capire quanti siano e in che condizioni, ma si stanno avvicinando, sono in gruppo e sembra siano diretti verso di noi.
Il branco del Casale di Marco Danesi è il primo romanzo pubblicato dall'autore, una prima prova di scrittura superata molto bene. Il romanzo di fantascienza è ben strutturato nella varie parti e nel gioco temporale che ha creato abilmente nella stesura della trama .
La scrittura è scorrevole e incalzante, lo stile fluido e dinamico.
Consigliato a chi ama il genere della fantascienza, un libro che leggerete con piacere anche per le descrizioni ben costruite.
Buona lettura.
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SCHEDA LIBRO
Autore: MARCO DANESI
Titolo: IL BRANCO DEL CASALE
Casa Editrice: AMAZON MEDIA
Pagine: 309
SINOSSI
Tutta la conoscenza che si era perduta e quel poco di tecnologia che avevano potuto in qualche modo salvare. E poi c'erano la tundra ed il casale.
Quel posto sembrava vergine come all'inizio dei tempi. Intorno al casale non c'era segno di quei passaggi che avevano fatto tremare il mondo.
Non c'era l'ombra di un'autostrada in disfacimento, di una qualche vecchia miniera gigantesca, di palazzi crollati e di chiese o quello che fosse.
Come per un miracolo. Aveva la sensazione che quel paesaggio non fosse mai
cambiato. Come se il tempo non avesse avuto alcun effetto.
E allo stesso modo loro non potevano che essere futili istanti privi di qualsiasi significato.
A ripetere in maniera compulsiva il proprio sopravvivere, fino a che non fosse finito, quel sopravvivere.
Mentre il mondo che li circondava non ne registrava neanche la presenza, occupato come era a morire nel gelo. Abbassò la testa a guardarsi i piedi, inconsciamente
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