lunedì 16 aprile 2018

Le otto montagne di Paolo Cognetti


Le otto montagne di Paolo Cognetti
recensione di Maria Lucia Ferlisi

Pietro è un ragazzino tranquillo, un po' solitario, una madre che lavora in un consultorio ed un padre che lavora in una industria come chimico. 

Una vita familiare tranquilla fatta di molti silenzi anche e di tanta rabbia mista a nostalgia per la vita in città, lontani dalla purezza delle montagne. 

Vivono in una casa piccola, poco luminosa, dove anche affacciarsi ad un balcone non procura nessun piacere, vedi solo altre case, tutte in fila, tutte grigie, nulla a che vedere con le montagne. Luogo dove i suoi genitori si sono innamorati. E dove adesso ritornano ogni volta che possono. 

Il padre trasmette al figlio l'amore per la montagna, per le arrampicate silenziose, per il raggiungimento delle vette con l'unico obiettivo di ammirare quel silente panorama. 

Si recano a Grana un piccolo paese ai piedi del Monte Rosa e decidono di trascorre tutte le estati lì. Si, perché la vera montagna è bella nel periodo estivo, quando le ondate di turisti preferiscono altre mete, quando non senti più il loro fracasso che devasta la purezza ed il candore della montagna.

"L'inverno , in quegli annui, diventerà per me la stagione della nostalgia. Mio padre detestava gli sciatori, non voleva saperne di mischiarsi con loro: trovava qualcosa di offensivo nel gioco di scendere per la montagna senza la fatica di salirci, lungo un pendio spiazzato dalle ruspe e attrezzato con n cavo a motore. Li disprezzava perché arrivavano in massa e si lasciavano dietro soltanto rovine."

La madre risparmiando è riuscita ad affittare una piccola casetta per la gioia del marito e del figlio. Ed è proprio in quel paesino montanaro che Pietro incontra Bruno, un ragazzo della sua età che lavora occupandosi della vacche e del pascolo. Diventano amici e iniziano a scoprire luoghi abbandonati, torrenti e a rafforzare la loro amicizia. Estate dopo estate la loro amicizia diventa quasi fraterna al punto che i suoi genitori lo accolgono in casa a Milano per farlo studiare.

"Restammo zitti. Io che sapevo com'era non avevo bisogno d'immaginare niente per rivoltarmi contro quell'idea. Bruno avrebbe odiato Milano e Milano avrebbe rovinato Bruno, come quando sua zia lo lavava e vestiva e lo mandava da noi a imparare i verbi"

Ed estate dopo estate si rafforza il rapporto con il padre con le camminate lungo quelle montagne, con la scoperta delle montagne, della neve dei sentieri duri e ripidi, un approccio alla montagna che è un forte insegnamento alla vita. Ma ci vuole tempo per comprendere. Perché Pietro si allontanerà dal padre e da Bruno.

"Forse io e Bruno vivevamo davvero dentro il sogno di mio padre. Ci eravamo ritrovati in una pausa delle nostre esistenze: quella che mette fine a un'età e ne precede un'altra, anche se questo l'avremmo capito soltanto dopo.

Un romanzo di formazione incentrato sull'amicizia e sul rapporto padre figlio.
Una storia semplice, ma raccontata bene, basandosi sul non detto, sui silenzi, sulla difficoltà generazionale tra padre e figlio. Tra un genitore rabbioso e nostalgico ed un figlio inquieto. 

Su questi sentimenti prevale la montagna, descritta nel periodo più bello: l'estate, quando ne puoi ammirare la bellezza nei percorsi, nei colori, nei silenzi. 

Una montagna che fa da padre, che sembra allargare le braccia per accogliere le amicizie, l'amore, la nascita e la rinascita. Una montagna che sa penetrare i cuori anche quelli duri, come il cuore del padre di Pietro, ma che sa anche quietare gli animi. Una storia dura ma raccontata con eleganza e trasporto, amore e cruda realtà.

 Con una scrittura tranquilla e  nitida Paolo Cognetti riesce a parlare di sentimenti di rapporti difficili tra padre e figlio,  con un pizzico di nostalgia, di amarezza che rendono la storia piacevolissima da leggere.



Sinossi


Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l'orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia.

Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo «chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l'accesso» ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E lí, ad aspettarlo, c'è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche.

Iniziano cosí estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri piú aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, «la cosa piú simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui». Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito piú vero: «Eccola lí, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino». Un'eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno.

Paolo Cognetti, uno degli scrittori piú apprezzati dalla critica e amati dai lettori, entra nel catalogo Einaudi con un libro magnetico e adulto, che esplora i rapporti accidentati ma granitici, la possibilità di imparare e la ricerca del nostro posto nel mondo.

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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.