domenica 30 aprile 2017

Crash di Barbara Poscolieri

Barbara Poscolieri ritorna nelle librerie con la sua ultima fatica:  "Crash" (Dunwich Edizione), vincitore del concorso letterario Dunwichlife e liberamente ispirato all'incidente di cui è rimasto vittima Alex Zanardi durante un gara automobilistica.
Eccovi una breve sinossi del romanzo.

 Alessandro Alari è un giovane pilota romano della scuderia Speed-Y, in corsa per il titolo perde entrambe le gambe. Il mondo dei motori è sconvolto, così come tutte le persone vicine al pilota. Solo Alessandro crede che un ritorno alle gare sia ancora possibile, con o senza gambe.

 Inizia quindi un percorso di accettazione e di riabilitazione, supportato dalla fidanzata Federica, dai genitori e dagli amici, con l’obiettivo di riguadagnarsi il posto che  merita nella vita e in pista. Ma nel frattempo la Speed-Y ha trovato un nuovo pilota e sembra non credere nel suo recupero. 

La fiducia di Alessandro vacilla e anche il rapporto con Federica ne risente. Si rifugia quindi nel suo piccolo paese d’origine, dove ritrova la serenità in una vita semplice. Ma il Grand Race invoca il suo nome e, per quanto Alessandro cerchi di ignorarne il richiamo, le corse restano parte di lui

Ha accettato volentieri di rispondere a qualche domanda e devo dire che si è dimostra da subito una ragazza davvero simpatica.


      1)Dimmi chi è Barbara Poscolieri, presentati ai lettori del blog . 
  Prima di presentarmi li saluto! Ciao a tutti, sono felice di fare la vostra conoscenza! Sono una… si dice “ragazza” dopo aver passato i trenta? Io sono per il sì, quindi diciamo pure che sono una ragazza che tiene un piede nella realtà e uno nel fantastico. Lo faccio nella scrittura, scrivendo storie sia di genere fantastico sia di narrativa generale, ma lo faccio anche nella vita: unisco infatti una visione del mondo estremamente pragmatica e realistica all’abitudine, comune tra gli inventori di storie, di stare con la testa tra le nuvole e cercare sempre qualcosa oltre il visibile. Non credo sia un caso che abbia un lavoro molto “concreto” (sono un medico), ma tutte le mie passioni mi portino “altrove”: la scrittura, la lettura, i viaggi, lo sport… sono tutti mondi dentro al mondo.

2) Perché e quando hai cominciato a scrivere. 
     Credo ci sia da fare una distinzione tra quando ho iniziato a inventare storie e quando ho effettivamente preso a scriverle. Alla prima non so rispondere: non ho ricordi del momento esatto in cui mi sono detta “ora faccio fare questo e quello al tal personaggio”, ma immagino che occorra risalire all’infanzia. In fondo, tutti i bambini inventano storie con i loro pupazzi. Voi non lo facevate? Quanto allo scriverle, quello è stato un passo che ho compiuto molto più tardi. Se per “scrivere” intendiamo l’atto volontario di mettere in forma di prosa decente le storie ideate, dando loro un inizio, uno svolgimento e una fine, allora dobbiamo escludere un bel po’ di tentativi abortiti e arrivare agli ultimi anni del liceo. È stata allora che la passione è esplosa.
Del perché non ne ho idea, e in tutta onestà non mi interessa averne: scrivere fa talmente parte di me, della mia quotidianità, che sarebbe come chiedermi perché esco a fare una passeggiata o perché bevo il caffè dopo pranzo. Piacere, abitudine, necessità, desiderio, penso sia tutto questo e molto altro.

3) Quando scrivi un libro hai già tutto chiaro nella mente?
Una visione generale. Ho in mente di cosa voglio parlare, ossia la tematica, e l’ossatura grossolana della trama. Spesso ho piuttosto definiti anche i protagonisti, ma tutto il resto si aggiunge in un secondo momento: gli altri personaggi, i rapporti tra loro, l’ambientazione e tutti i dettagli che rendono tale un romanzo. Molti di questi si possono chiarire anche a scrittura già avanzata, per questo un romanzo non è “pronto” quando scrivi l’ultima parola e va visto e rivisto per dare la forma definitiva alla storia.

4) Scrivi a penna o utilizzi il computer? 
  Scrivo con qualunque cosa. Quando sono a casa uso più spesso il computer, ma mi capita anche di scrivere quando sono fuori (come vi dicevo, è un’attività quotidiana e non posso limitarla al poco tempo che passo seduta al tavolo del soggiorno) e allora va benissimo carta e penna, tablet, cellulare… Datemi qualcosa con cui scrivere e io scrivo, sicuro.

5) Un autore o libro che ami e quello che invece proprio non riesci a leggere
      Sono affettivamente legata a Tolkien e Brooks: il mio primo amore letterario è stato il fantasy e loro sono gli autori che me lo hanno fatto conoscere. Più di recente ho scoperto una vera e propria passione per King. Ma forse il libro che per me è stato più significativo è “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci: è uno di quei libri che un po’ ti cambiano.
Quelli che invece non riesco proprio ad apprezzare sono i gialli: è un genere ostico per me e finisco sempre per annoiarmi.

   6) Vuoi parlarci del tuo romanzo appena uscito nelle librerie?

    Certo! “Crash” (pubblicato da poco con Dunwich Edizioni) è una delle cose che ho scritto che mi è rimasta più nel cuore!
L’evento da cui ho tratto ispirazione è stato il tragico incidente che ha coinvolto Alex Zanardi nel 2001 al Lausitzring, durante una corsa automobilistica: quel giorno Zanardi ha rischiato la vita e ha perso entrambe le gambe. In molti si sarebbero arresi, ma lui non l’ha fatto ed è riuscito a dare non solo un nuovo corso alla sua vita, ma anche alla sua carriera di sportivo. È infatti prima tornato ai motori e poi è diventato campione olimpico di handbike.
In una risposta precedente ho detto che, quando scrivo, la tematica mi è chiara fin dall’inizio e in “Crash” volevo parlare di forza di volontà, di rivincita, della capacità di rialzarsi dopo che la vita ti ha messo a terra. Ma non avrei mai osato parlare della storia vera di Alex Zanardi, perché quella è la sua storia (raccontata, peraltro, in due interessanti autobiografie che consiglio a tutti). Così ho creato Alessandro Alari, il protagonista di “Crash”, giovane pilota romano che gareggia in un campionato automobilistico anch’esso di fantasia: il Grand Race. Proprio nella gara di Roma, la sua città, Alari ha un incidente simile a quello di Zanardi, purtroppo con le stesse conseguenze. Il ragazzo si ritrova allora a dover affrontare la vita senza le gambe e a dover capire se le corse possano ancora farne parte. Supportato dalla fidanzata Federica, dai genitori e dal gruppo di amici dentro e fuori il mondo dei motori, Alessandro inizia un percorso che lo vede mettersi in discussione prima come uomo e poi come pilota.
Ovviamente non vi dico qui dove lo porterà questo percorso e cosa scoprirà alla fine di esso, vi dico solo che le macchine e lo sport fanno solo da sfondo a una storia che vuole parlare più che altro di vita quotidiana.

7) Meglio una casa editrice piccola o il self-publishing?
      Non credo ci sia una risposta giusta in senso assoluto e per tutti. Sono due scelte ugualmente valide, che possono soddisfare sia i lettori sia gli autori, purché il lavoro sia ben svolto. In entrambi i casi questo vuol dire un editing accurato fatto da professionisti, attenzione per ogni dettaglio del libro, una distribuzione che non costringa i lettori a fare la caccia al tesoro per reperire il titolo e una buona promozione. Che di questo se ne occupi una casa editrice o direttamente l’autore, fa poca differenza se viene fatto bene.

8) Un consiglio che daresti agli esordienti?
 Veramente i consigli dovrei riceverli, non darli! Ricollegandomi alla domanda precedente, mi sento solo di consigliare di non scegliere mai e poi mai di pubblicare con case editrici a pagamento. Pubblicate con piccole realtà editoriali che fanno dignitosamente il loro lavoro, affidatevi al self publishing appoggiandovi a editor e grafici esperti, mandate i vostri manoscritti alle big sperando nel miracolo (vi auguro tanta fortuna!), ma non pagate una casa editrice per farvi pubblicare.

9) Fatti una domanda con relativa risposta
     Che farai dopo aver risposto a queste domande? Leggerò un buon libro, mi pare ovvio!

venerdì 28 aprile 2017

UNa più del diavolo di Lorenzo Vargas




Carissimi amici ed amiche del blog
oggi ho il piacere d'intervistare Lorenzo Vargas un simpatico ed eccentrico ragazzo romano di origine, ma che vive nelle Marche. Ha esordito nel mondo della scrittura con “Pierre non esiste” (Bompiani, 2015), è appena uscito nelle librerie “Una più del Diavolo” pubblicato con la casa editrice Las Vegas.
E' iscritto anche a giurisprudenza, ma preferisce impegnare il suo tempo a scrivere, romanzi o fumetti e curare il suo blog. Alla fine studiare è soltanto il suo piano B. Lui sa cosa vuol fare da grande: lo scrittore!






Ciao Lorenzo vuoi raccontare ai lettori del mio blog di come hai iniziato a scrivere?
Ciao Maria Lucia,
non voglio raccontarti di come abbia iniziato a scrivere. È una storia che ha a che fare con i Pokèmon, la noia ed il sequestro di un Gameboy Advance. Nulla di interessante.
Non ho nemmeno intenzione di raccontarti perché, nonostante il costante rinforzo negativo, abbia perseverato. Siccome qualcosa, però, devo dirla, mi limiterò ad indicarti 
alcune opere, senza le quali sarei un essere umano del tutto diverso. Starà poi a te tirare le somme e fraintendermi nel modo più fantasioso possibile, che a ben pensarci è sempre meglio che raccontare a tutti la stessa storia su una lezione di matematica e un attentato terroristico.


Vedo che conduci tu l'intervista, ma non dovresti limitarti a rispondere alle mie domande? Allora visto che vuoi parlarci dei romanzi che hanno influenzato la tua vocazione letteraria, prego parla pure!

Cominciamo con 
Sandmanuna graphic novel di Neil Gaiman. Tocca vette inarrivabili sia artistiche che letterarie e detiene l'incomprensibile primato di non essere insegnato a scuola nonostante la sua netta superiorità ad un buon 80% delle opere che vi si studiano.

Segue 
The Dresden Dollsil mio album preferito di sempre. Un pianoforte, una batteria, cerone e nevrosi. Forse hai già sentito Coin-Operated Boy in una pubblicità della Seven di alcuni anni fa. Sta di fatto che la cantante del gruppo, Amanda Palmer è un dono all'umanità.

Quale libri consiglieresti ai tuoi lettori?
Consigliare letture è una faccenda intima e delicata, adatta a porre fine a un matrimonio, ma siccome non vi devo sposare, sapete che c'è? Leggetevi Lo Strappacuore di Boris Vian, perché è bello, disperato e senza redenzione. Oppure potete leggere il mio, così vi fate due risate. Lo so, lo so, non sembro un allegrone, ma magari è solo la serata.

Grazie Lorenzo per questa mini intervista, alla prossima.


Grazie a te Maria Lucia, un saluto a tutti i lettori.


Come avrete intuito, Lorenzo non ama molto essere intervistato, ha troppe cose da fare e poco tempo per tutto ciò che vorrebbe fare, esami compresi. Allora lo lascio libero, ma con l'accordo di terminare l'intervista con il prossimo libro.



Autore: Lorenzo Vargas
Titolo: Una più del diavolo
Casa editrice: Las Vegas
Pagine: 288


Sinossi
Nessuno in cielo o in terra ha la più pallida idea di dove sia e questa è cosa più grave di quanto possa sembrare. Perché il Diavolo è il contrappeso di una bilancia, senza il quale il Buon Dio™ potrebbe trovare eccessiva difficoltà a rimanere Buono ancora a lungo. Così Raziel, l’angelo dei segreti, determinato a risolvere la cosa da solo, dovrà rivolgersi all’unico eroe che l’umanità paia mettere a disposizione: Giovanni Archei, oscuro musicista, mai del tutto cresciuto.
Insomma, l’umanità ha visto giorni migliori.







mercoledì 26 aprile 2017

Manoscritto

Carissimi lettori ed amici scrittori
oggi vi comunico che la casa editrice Felix Krull apre le porte della sua casa editrice per accogliere nuovi autori ed autrici.
Chi ha già pronto il suo manoscritto può inviarlo e sperare nella pubblicazione. 
Attenzione, accettano solo  testi di qualità ..quindi una super visione prima di inviarlo è una sicurezza in più per essere accettati, da questa piccola casa editrice che vanta già la presenza di due romanzi nella fatidica lista degli aspiranti al Premio Strega!

http://www.felixkrulleditore.de/impressum_italiano.htm






martedì 25 aprile 2017

Buon 25 Aprile



Buon 25 aprile
a tutti/e,  ricordando le vite di quanti/e morirono nel nome della libertà.
A voi e a tutti coloro che credono sempre nei principi della libertà e dell'uguaglianza dedico questo mio racconto breve






La bicicletta gialla


"Ciao bella Adele, dove vai così di corsa?
Le chiese Gino, il barbiere del paese .
"Al mulinoooo", rispose quasi urlando e pedalando in sella alla sua bicicletta gialla.
I capelli lunghi color del rame svolazzavano al ritmo delle pedalate veloci, la gonna lunga e larga a ruota, trattenuta con una mano per evitare si vedessero le lunghe e tornite gambe.

Adele era felice, nonostante la guerra, in casa adesso c'era solo lei col padre troppo anziano, ma che ancora lavorava sfornando deliziosi panini che riempivano la casa e la via del dolce profumo del pane appena sfornato. La madre era venuta a mancare due anni prima, lasciando nello sconforto il padre che non riusciva a rassegnarsi alla vita senza la sua compagna di vita.
I suoi due fratelli erano entrambi in guerra, erano stati chiamati alle armi. due ragazzoni forti e dalla braccia robuste di chi è abituato alla durezza della vita. Leggeva sempre le lettere che loro spedivano con regolarità dal fronte., la rassicuravano, loro stavano bene, erano orgogliosi e fieri di servire la patria, avevano cibo in abbondanza e non pativano il freddo. Era tranquilla e confortava il padre leggendo le lettere a voce alta, e più volte, visto che il padre era analfabeta.
Non capiva perché le lettere arrivavano sempre chiuse malamente, soprattutto nei bordi, come se qualcuno le avesse aperte e poi richiuse, forse qualche postino curioso, certamente non il loro che si è no riusciva a leggere i nomi sulle buste che arrivavano in paese.


Sorrise, con tutti i pensieri che aveva si concentrava sul bordo delle lettere del fronte.

Adele, adesso che non c'erano i fratelli in casa, poteva usare la bicicletta di famiglia ed andare a prendere la farina per aiutare a fare il pane col padre.

Aveva preso la bicicletta, l'aveva accarezzata come se fosse un bambino, poi prese uno straccio e la pulì per bene, cominciò dal manubrio, insistendo bene nei copri ruote e pulì perfino i raggi delle ruote che ritornarono a brillare, come se l'avesse appena comprata; prese la lattina di vernice gialla e cominciò a pitturarla.

 Era perfetta, adesso era veramente sua, certo la vernice le era costata ben due chili di pane , ma ne era valsa la pena pensò, guardando il risultato, infine mise la vecchia cesta coprendola con un copri cesta di tessuto a quadretti utilizzando due vecchi tovaglioli, tanto non servivano visto che erano solo in due a mangiare.

Era orgogliosa del suo operato, certo quando sarebbe ritornati i fratelli l'avrebbero presa a calci nel didietro, ma c'era tempo per pensare ai calci.

All'inizio era piuttosto traballante in sella al rinnovato mezzo, ma Adele era testarda, cadeva, si rialzava,, andava storta, perdeva l'equilibrio, ma ogni giorno andava al mulino, metteva nel cesto il sacco di farina e poi subito indietro verso casa.
Giorno dopo giorno aveva acquisito la giusta abilità ed adesso si permetteva di correre con la sua due ruote gialle, portando una sferzata di allegria in quel paese fatto solo di donne, anziani e tristi bambini, i cui pensieri erano rivolti a questa guerra che sembrava non volesse finire mai.

L'autunno si stava avvicinando, gli ultimi raggi di sole scaldavano ancora mentre le foglie dorate degli alberi si staccavano regalando alla città dei riflessi caldi. Fu una mattina di caldo autunno che nella sua solita corsa mattiniera Adele senti un rumore di foglie, come se qualcuno le stesse calpestando.

Si fermò e si girò di scatto, non vide nessuno, un piede per terra e l'altro sul pedale della bici, si girò e con gli occhi cerco di scrutare in mezzo agli alberi, stava per riprendere a pedalare quando sentì una mano fredda che le aveva afferrato il braccio, un brivido le scese lungo la schiena.
Era il braccio di un giovanotto, non lo aveva mai visto, non era del paese, non riusciva a capire dove si fosse nascosto e come avesse fatto a balzare vicino a lei come un felino, il cuore le batteva forte dentro al petto, chiuso da una camicetta che le cominciava a stare stretta e metteva ancor più in evidenza il suo seno prorompente.
Adele si ritrasse e per poco non finì a terra inciampando nelle ruote della sua bicicletta, ma gli occhi di quel ragazzo erano buoni, non riusciva a leggervi alcuna cattiveria, aveva un fucile dietro la schiena, ma se avesse voluto ucciderla ne aveva avuto ampio tempo.
Il ragazzo la guardò e le chiese se aveva qualcosa da mangiare, lei per tutta risposta inforcò sulla bici e fece rientro a casa ancora più velocemente.
Quando arrivò a casa si ricordò che in paese parlavano di alcuni soldati che erano scappati ed erano contro Mussolini, si nascondevano e tentavano agguati contro i tedeschi. Di guerra non ne capiva molto con i suoi 16 anni appena compiuti le interessava la vita, la musica e l'allegria, qualche volta solo qualche volta aveva pensato all'amore, ma poi si era confessata ricevendo un'ammonizione severa da parte del parroco.
Alla fine basta poco per essere felici, l'affetto della famiglia, vabbé la madre non c'era più, ma le restava il padre e i due fratelli che presto sarebbero ritornati a casa, ed una bicicletta gialla.
La vita ti sorride, hai la libertà di correre, sentire la carezza del sole sulla pelle, niente può essere più bello, forse, nemmeno l'amore come sussurravano le amiche la sera, quando, dopo il tramonto, si ritrovavano sui gradini della chiesa per parlare un po', prima di andare a letto.

Adele non raccontò al padre dell'incontro fatto al mattino, per la verità a nessuno, nemmeno alle amiche, anche se non capiva bene, cosa stava succedendo in paese, il clima di paura dettato dal continuo andirivieni di militari tedeschi l'avevano inconsciamente guidata alla precauzione ed al silenzio. Poi c'era anche il macellaio del paese, si diceva che era uno spione e spifferasse ogni movimento ai tedeschi per avere in cambio lasciapassare a altro. Osvaldo, il macellaio, non le era mai piaciuto, quando andava nel suo negozio, poche volte per fortuna, era sempre accolta con un sorriso viscido che la lasciava amareggiata, per cui scappava subito, poi adesso aveva qualche gallina e poteva fare a meno di recarsi da quel bottegaio così ripugnante

La mattina dopo si svegliò presto e dopo aver preparato il pane da vendere, di nascosto prese un filone e lo nascose nello scialle, poggiandolo nella cesta della bicicletta. Quindi come al solito inforcò la bicicletta e di gran corsa si avviò al mulino, quando giunse nel punto dove era avvenuto l'incontro, si fermò, rimase qualche minuto ad attendere e quando pensava che non ci fosse nessuno, si avvicinò il ragazzo del giorno prima, lei con un sorriso gli allungò il pane, poi riprese a pedalare, senza dare tempo al ragazzo di ringraziarla.
Fece così per altri giorni, era come un appuntamento, ma non era amoroso, Adele gli allungava il pane e poi riprendeva subito la sua corsa.

Anche quella mattina del'10 marzo 1945 si era avviata verso il mulino in sella alla sua bicicletta, l'aria era fresca, ma non mise lo scialle, vi era avvolto il pane.
Passò come al solito in paese, con il solito saluto benevolo del barbiere, il quale, a causa della guerra non aveva più tanti capelli da tagliare, per cui era sempre più fuori dal negozio che dentro.
Quella mattina anche il macellaio si affacciò davanti alla porta della bottega e con un sorriso schernevole le chiese come mai non si copriva le spalle visto l'aria fresca che era sopraggiunta, Adele si fermò un attimo, lo guardò senza rispondere e riprese la sua pedalata, il colore giallo della sua bicicletta si mescolava con le foglie ambrate dell'autunno incipiente che dolcemente si staccavano dagli alberi.
Al solito punto si fermò per aspettare il ragazzo di cui ignorava anche il nome, non fece nemmeno in tempo a sbuffare per il ritardo, che senti un calore forte alle gambe ed un rumore secco, o forse due, in quel momento non riusciva a capire bene, si accasciò a terra, provando un dolore come se le avessero squarciato le gambe, in effetti aveva una ferita che sanguinava, stava per alzare gli occhi dal ginocchio devastato, udì un altro sparo, il ragazzo del pane si accasciò vicino a lei, i suoi occhi increduli guardavano il militare tedesco che sogghignava nel vedere il tentativo di quell'uomo di raggiungere la mano della ragazza.
La mano di Adele era protesa verso la bicicletta gialla che il tedesco teneva in mano e stava schiacciando la ruota contro l'altra mano della ragazza ridacchiando, urlò forte il suo dolore, inutilmente.


Pensò che è davvero triste morire senza un motivo, lei voleva solo sentire il vento tra i capelli.

Continuò a guardare quella macchia gialla che si allontanava, fino a quando chiuse gli occhi.








LA PAROLA ALLE DONNE Una fiaba moderna in un borgo antico - XIV Edizione Concorso Letterario

  LA PAROLA ALLE DONNE Una fiaba moderna  in un borgo antico   XIV Edizione Concorso Letterario LA PAROLA ALLE DONNE: Racconti di non violen...

Informazioni personali

La mia foto
Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.