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mercoledì 18 marzo 2020

Maria Virginia Fabroni

Maria Virginia Fabroni
Maria Virginia Fabroni nacque a Tredozio il due dicembre del 1851 e vi morì il 10 agosto 1878 a soli 26 anni per tisi. 
Amava la musica e suonava con maestria il clavicembalo, affinò  lo studio della musica per quattro anni presso il conservatorio di musica a Pisa, qui ebbe modo di capire anche l'amore per la letteratura e la poesia, grazie al presidente della struttura collegiale Ing. Paolo Folini con il quale intrattenne un fitto rapporto epistolare che è conservato presso la biblioteca di Forlì.
La sua esperienza musicale durò poco nel 1868 fece rientro a casa, sotto le direttive paterne rigide e conservatrici alle quali la ragazza cercava di ribellarsi con fatica, rifiutò sempre i matrimoni imposti dal padre, il quale non acconsentiva ad accettare l'innamorato che la figlia aveva scelto. 
Si ammalò di tisi e morì poco prima di poter sposare l'uomo scelto e amato oltre le convenzioni di una società patriarcale e maschilista.
Sul giornale "Il Ponte di Pisa" del 12-13 dicembre 1925, il giornalista Eugenio Cappelli scrive della poetessa in questi termini: "La sua bell'anima si rivela nelle sue poesie pura ed ingenua come il volto di una deliziosa fanciulla. Di queste parlarono vari letterati fra cui il Pera livornese e il Rossi: il Ghirelli poi, in un sonetto, la chiamò addirittura 'La TredozieseSaffo'".[5]
Da qualche anno è stato istituito un concorso di poesie dedicato a questa triste ma combattiva poetessa.

Bibliografia:
  • Ricordo, Tipografia Nistri, 1869.[7]
  • Nuovi Versi, Tipografia Nistri, 1870
  • Versi, Tipografia Nistri, 1871.
  • Versi, Tipografia Nistri, 1872.
  • Per nozze Morelli-Pera, Tipografia Vigo, 1873.
  • A Virginia Biscioni sposa Raffaello Luperi-Centoni, Tipografia Nistri, 1873.
  • A Emilia Biscioni sposa Temistocle Mazzei, Tipografia Nistri, 1874.
  • Virtù e affetti - Prose e Poesie, Stamperia Novelli, 1874.
  • Versi, Tipografia Nistri, 1874.
  • Bozzetti famigliari, Treves, 1877.
  • Versi, Tipografia Nistri, 1877.

Libri Postumi :
  • Alla memoria di Maria Virginia Fabroni da Tredozio, Autori Vari, 1878.
  • Poesie inedite postume di Maria Virginia Fabroni da Tredozio, 1880.
  • Maria Virginia Fabroni - Poesie scelte. Ed. Tempo al Libro, 2019
https://www.amazon.it/gp/search/ref=as_li_qf_sp_sr_tl?ie=UTF8&tag=lalettridicar-21&keywords=maria virginia fabroni&index=aps&camp=3414&creative=21718&linkCode=ur2&linkId=91f693cc4d3dcd06f789d08801103589

Grazie a Wikipedia per le notizie sulla poetessa
https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Virginia_Fabroni 

mercoledì 11 marzo 2020

4^ EDIZIONE CONCORSO DI POESIA “MARIA VIRGINIA FABRONI”

Salve carissime amiche e amici
in questi giorni di criticità per il Covid-19 che impone di limitare gli spostamenti superflui, possiamo dedicarci alla scrittura e per voi ho scelto questo concorso dedicato alla grande poetessa: 
 Maria Virginia Fabroni.
La partecipazione è gratuita e scade il 31 marzo.
Di seguito vi riporto tutte le indicazioni per la partecipazione.
In bocca alla penna!
                                                                                                                                                                     

4^ EDIZIONE CONCORSO DI POESIA
“MARIA VIRGINIA FABRONI”

Tema di questa edizione
“I COLORI DELL’AUTUNNO/FOLIAGE”
                                       

Concorso di poesie inedite (per inedito si intende non pubblicato da nessun editore, né in formato cartaceo né digitale).

Sono ammesse al concorso le poesie in lingua italiana, presentate da autori, cittadini italiani e stranieri che, alla data riportata sulla scheda di partecipazione, abbiano compiuto il diciottesimo anno d'età. Ogni autore potrà inviare da un minimo di n.2 ad un massimo di n.5 poesie. La lunghezza di ciascuna opera non dovrà superare i 20 versi.

La modalità di partecipazione al concorso è GRATUITA.

Tutte le opere dovranno essere ispirate al tema “I COLORI DELL’AUTUNNO/FOLIAGE”.

Tutte le opere dovranno essere inviate entro il 31 MARZO 2020.

Il testo, senza firma, e la scheda di partecipazione, corredata dei dati identificativi dell'autore (nome, cognome, età, professione, indirizzo, n. di telefono e email), dovranno pervenire preferibilmente via email all'indirizzo premiomvfabroni@gmail.com (in formato testo sottoforma di: .doc, .pdf, .jpg, ecc – carattere Times New Roman) o con spedizione postale o consegna diretta in numero copie UNO in busta chiusa a:

MUNICIPIO DI TREDOZIO – via Martiri, 1 – 47019 TREDOZIO (FC), citando in oggetto o nel frontespizio della busta il titolo “4^ EDIZIONE DEL CONCORSO MARIA VIRGINIA FABRONI”.

Le poesie presentate saranno valutate ad insindacabile giudizio da una giuria che sarà nominata dal responsabile area amministrativo con propria determinazione, dopo la scadenza di presentazione delle poesie e sarà composta dall’Assessore alla cultura – o suo delegato – e da uomini e donne della cultura letteraria. La composizione della giuria verrà resa nota, attraverso i canali ufficiali.

L'opera vincitrice verrà riprodotta su un apposito muro, indicato dall'amministrazione comunale. Ai primi quindici classificati saranno consegnati attestatati con motivazione.

La premiazione avrà luogo a Tredozio in data da destinarsi, comunque nel mese di luglio 2020. Ai vincitori sarà data comunicazione via email o telefonica. La mancata presenza alla cerimonia di premiazione sarà causa di decadenza della titolarità del premio. In caso di assenza, il vincitore ha facoltà di delegare un suo incaricato per presenziare all'evento.

 Gli autori rimangono pienamente in possesso dei diritti relativi ai testi con cui intendono partecipare al concorso. Accettano, altresì, di concedere, a titolo gratuito e senza pretendere i diritti di esecuzione, riproduzione e pubblica diffusione delle opere presentate. Inoltre, gli autori accettano di concedere, a titolo gratuito e senza nulla pretendere, i diritti di pubblicazione, distribuzione e vendita delle opere presentate, nell’eventuale realizzazione di un volumetto celebrativo.

 Per poter partecipare è necessaria l'autorizzazione al trattamento dei dati personali. Il/La partecipante è inoltre totalmente responsabile della veridicità dei dati comunicati, dell'autenticità e paternità dell'opera.

Le opere non verranno restituite. L'organizzazione non sarà responsabile per eventuali disguidi postali e/o per ogni altro caso di smarrimento.

La partecipazione al concorso implica la totale accettazione del presente bando, la mancanza di una delle condizioni richieste, invalida l'iscrizione e determina l'esclusione dei testi inviati.



IL TERMINE PER L'INVIO E' IL 31 MARZO 2020

Per ulteriori informazioni: premiomvfabroni@gmail.com

lunedì 1 marzo 2021

V EDIZIONE CONCORSO DI POESIA “MARIA VIRGINIA FABRONI” Tema: “SUI SENTIERI DELL’ESILIO DANTESCO”

 


V EDIZIONE CONCORSO DI POESIA

MARIA VIRGINIA FABRONI”


Tema: “SUI SENTIERI DELL’ESILIO DANTESCO”

IL TERMINE PER L'INVIO E' IL

31 MARZO 2021


Regolamento

  1. Concorso di poesie inedite (per inedito si intende non pubblicato da nessun editore, né in formato cartaceo né digitale).


  1. Sono ammesse al concorso le poesie in lingua italiana, presentate da autori, cittadini italiani e stranieri che, alla data riportata sulla scheda di partecipazione, abbiano compiuto il diciottesimo anno d'età. Ogni autore potrà inviare da un minimo di n.2 ad un massimo di n.5 poesie. La lunghezza di ciascuna opera non dovrà superare i 20 versi.


  1. La modalità di partecipazione al concorso è GRATUITA.


  1. Tutte le opere dovranno essere ispirate al tema “SUI SENTIERI DELL’ESILIO DANTESCO”.


  1. Tutte le opere dovranno essere inviate entro il 31 MARZO 2021.


  1. Il testo, senza firma, e la scheda di partecipazione, corredata dei dati identificativi dell'autore (nome, cognome, età, professione, indirizzo, n. di telefono e email), dovranno pervenire preferibilmente via email all'indirizzo premiomvfabroni@gmail.com (in formato testo sottoforma di: .doc, .pdf, .jpg, ecc – carattere Times New Roman) o con spedizione postale o consegna diretta in numero copie UNO in busta chiusa a:


MUNICIPIO DI TREDOZIO – via Martiri, 1 – 47019 TREDOZIO (FC), citando in oggetto o nel frontespizio della busta il titolo “V EDIZIONE DEL CONCORSO MARIA VIRGINIA FABRONI”.


  1. Le poesie presentate saranno valutate ad insindacabile giudizio da una giuria che sarà nominata dal responsabile area amministrativo con propria determinazione, dopo la scadenza di presentazione delle poesie e sarà composta dall’Assessore alla cultura – o suo delegato – e da uomini e donne della cultura letteraria. La composizione della giuria verrà resa nota, attraverso i canali ufficiali.


  1. L'opera vincitrice verrà riprodotta su un apposito muro, indicato dall'amministrazione comunale. Ai primi quindici classificati saranno consegnati attestatati con motivazione.


  1. La premiazione avrà luogo a Tredozio in data da destinarsi, comunque nel mese di luglio 2021. Ai vincitori sarà data comunicazione via email o telefonica. La mancata presenza alla cerimonia di premiazione sarà causa di decadenza della titolarità del premio. In caso di assenza, il vincitore ha facoltà di delegare un suo incaricato per presenziare all'evento.


  1. Gli autori rimangono pienamente in possesso dei diritti relativi ai testi con cui intendono partecipare al concorso. Accettano, altresì, di concedere, a titolo gratuito e senza pretendere i diritti di esecuzione, riproduzione e pubblica diffusione delle opere presentate. Inoltre, gli autori accettano di concedere, a titolo gratuito e senza nulla pretendere, i diritti di pubblicazione, distribuzione e vendita delle opere presentate, nell’eventuale realizzazione di un volumetto celebrativo.


  1. Per poter partecipare è necessaria l'autorizzazione al trattamento dei dati personali. Il/La partecipante è inoltre totalmente responsabile della veridicità dei dati comunicati, dell'autenticità e paternità dell'opera.


  1. Le opere non verranno restituite. L'organizzazione non sarà responsabile per eventuali disguidi postali e/o per ogni altro caso di smarrimento.


  1. La partecipazione al concorso implica la totale accettazione del presente bando, la mancanza di una delle condizioni richieste, invalida l'iscrizione e determina l'esclusione dei testi inviati.



Per ulteriori informazioni: premiomvfabroni@gmail.com


Se volete qualche notizia sulla poetessa visitate la pagina:


giovedì 11 maggio 2017

Concorso di poesia: Maria Virginia Fabroni


Carissimi amici ed amiche del blog
quando ho letto di questo concorso ho pensato subito ad una amica virtuale che ama molto questa poetessa dell'ottocento, spero di farle una gradita sorpresa. Ecco allora per lei e per tutti i poeti che leggono il mio blog tutte le informazioni necessarie per potere partecipare.

Il concorso di poesia  è indetto dal comune di Tredozio, “MARIA VIRGINIA FABRONI”, ed il tema per questa prima edizione è “VITA CAMPESTRE”





  1. Concorso di poesie inedite (per inedito si intende non essere stato pubblicato da nessun editore).
  2. Sono ammesse al concorso poesie in lingua italiana, presentate da autori cittadini italiani e stranieri che abbiano compiuto il diciottesimo anno. Ogni autore potrà inviare un massimo di n. 3 poesie.
  3. La modalità di partecipazione al concorso è gratuita.
  4. Tutte le opere dovranno essere ispirate al tema “VITA CAMPESTRE ”.
  5. Tutte le opere dovranno essere inviate entro il 31 MAGGIO 2017.
  6. Il testo, senza firma e la scheda di partecipazione, corredata dei dati identificativi dell'autore (nome, cognome, età, professione, indirizzo, n. telefonico e mail), dovranno pervenire preferibilmente via email all’indirizzo premiomvfabroni@gmail.com (in formato testo sottoforma di: .doc, .pdf, .jpg, ecc..) o con spedizione postale o consegna diretta in numero copie UNO in busta chiusa, a Municipio di Tredozio – via Martiri, 1 – 47019 Tredozio (FC), citando in oggetto o nel frontespizio della busta il titolo “Concorso di poesia Maria Virginia Fabroni 2017”.
  7. Le poesie presentate saranno valutate ad insindacabile giudizio da una giuria che sarà nominata dal sindaco con propria determinazione, dopo la scadenza di presentazione delle poesie e sarà composta dallo stesso Sindaco o suo delegato e da uomini e donne della cultura letteraria. La composizione della giuria verrà resa nota, attraverso i canali ufficiali.
  8. L’opera vincitrice verrà riprodotta su un apposito muro, indicato dall’amministrazione comunale; ai primi tre classificati saranno consegnati attestati con motivazione. Tutte le poesie meritevoli verranno pubblicate su un volumetto celebrativo dell'edizione.
  9. La premiazione avrà luogo a Tredozio in data da definirsi. Ai vincitori sarà data comunicazione telefonica. In caso di assenza, il vincitore ha facoltà di delegare un suo incaricato per presenziare all'evento.
  10. Gli autori rimangono pienamente in possesso dei diritti relativi ai testi con cui intendono partecipare al concorso. Accettano, altresì, di concedere a titolo gratuito e senza nulla pretendere i diritti di esecuzione, riproduzione e pubblica diffusione delle opere presentate. Inoltre gli autori accettano di concedere a titolo gratuito e senza nulla pretendere i diritti di pubblicazione, distribuzione e vendita delle opere presentate, in realizzazione al volumetto celebrativo.
  11. Per poter partecipare è necessaria l’autorizzazione al trattamento dei dati personali. Il/la partecipante è inoltre totalmente responsabile della veridicità dei dati comunicati, dell’autenticità e paternità dell’opera.
  12. Le opere non verranno restituite e l’organizzazione declina ogni responsabilità in caso di smarrimento.



giovedì 25 gennaio 2018

Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf


Una stanza tutta per sé
di
Virginia Woolf

recensione di Maria Lucia Ferlisi


Cosa occorre ad una donna per essere libera di scrivere?

"Una stanza tutta per sé e tre ghinee."

Così rispondeva Virginia Woolf, quasi un secolo fa. Nel suo romanzo/saggio così scriveva, ma non solo. Una donna per poter scrivere, deve rompere il muro di omertà e di esclusione, in cui sono state relegate per anni, per dei secoli. Ma non è facile scardinare la cultura, esclusivamente maschile, e poter entrare a testa alta nel mondo della letteratura.
Così scriveva Virginia nel 1929, all'indomani di alcune conferenze tenute in due college femminili,a Cambridge.

Per entrare nel mondo della cultura, non bisogna fare altro che uscire da quella casa che ti vuole sposata e dedicata alla crescita ed educazione dei figli, e scrivere. Esprimere una propria idea, una propria opinione,per costringere la cultura maschile a ribattere e a rispondere. Se l'uomo ci esclude, noi dobbiamo insistere e non arrenderci, per entrare in questo mondo, ne abbiamo le capacità e la responsabilità.

Virginia, con le sue conferenze, con i suoi romanzi e con le sue idee, ha contestato non solo la cultura prettamente maschile del secolo, ma soprattutto quel mondo così ottuso ed austero della cultura britannica, che era più resistente di altre, all'ingresso delle donne in quel mondo letterario di cui pensavano essere i soli detentori.

Virginia non è stata soltanto una scrittrice, ma anche una grande protagonista del secolo, in cui i fervori delle rivendicazioni femminili si facevano sempre più pressanti. Ha vissuto da vicino ed in prima fila tutti gli eventi.

Un romanzo da leggere non solo perché l'autrice è una grande scrittrice, ma perché il romanzo fornisce una visione storica e sociale filtrata dal punto di vista femminile. Una fotografia della condizione femminile nel primo Novecento, che ci mostra ciò che eravamo per riflettere sul cammino compiuto dalle nostre ave, per essere ciò che siamo.

Non dimentichiamo che se oggi siamo "quasi" libere, lo dobbiamo a donne come lei che hanno lottato per affermare l'identità femminile. Se una volta una donna che scriveva veniva derisa, doveva usare dei pseudonimi, o addirittura fingersi uomo, oggi possiamo farlo senza reclusione alcuna.
Abbiamo il dovere di ringraziare questa grande donna, se oggi sono siamo le donne che lei avrebbe voluto essere. Ci fa piacere quindi ricordarla oggi nel 136° anniversario della sua nascita. 

Scheda libro
Autore: Virginia Woolf
Titolo: Una stanza tutta per sé
Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 156

Sinossi
"Nell'ottobre del 1928 Virginia Woolf viene invitata a tenere due conferenze sul tema "Le donne e il romanzo". È l'occasione per elaborare in maniera sistematica le sue molte riflessioni su universo femminile e creatività letteraria. Il risultato è questo straordinario saggio, vero e proprio manifesto sulla condizione femminile dalle origini ai giorni nostri, che ripercorre il rapporto donna-scrittura dal punto di vista di una secolare esclusione, attraverso la doppia lente del rigore storico e della passione per la letteratura. Come poteva una donna, si chiede la scrittrice inglese, dedicarsi alla letteratura se non possedeva "denaro e una stanza tutta per sé"? Si snoda così un percorso attraverso la letteratura degli ultimi secoli che, seguendo la simbolica giornata di una scrittrice del nostro tempo, si fa lucida e asciutta riflessione sulla condizione femminile. Un classico della scrittura e del pensiero. "

venerdì 25 maggio 2018

Un leggero caldo vento di scirocco di Maria Lucia Ferlisi

Carissime amiche ed amici del blog 

ripubblico questa recensione, straordinaria, del mio romanzo,  a cura di Elvira Rossi, recensora del sito Cultura al Femminile.

Un leggero caldo vento di scirocco 

di Maria Lucia Ferlisi 

Attraverso una storia di donne c’introduce nella Sicilia degli anni Trenta.

Le prime battute del libro disegnano presto l’atmosfera, in cui il lettore sarà immerso, spingendo il suo sguardo all’interno di una casa della piccola nobiltà di provincia.

È significativo che la prima immagine sia quella di una donna, che sbircia dalle persiane socchiuse.

Ad appartenere alla donna sono gli interni della propria dimora.
Il mondo esterno, che è di proprietà esclusiva degli uomini, dalle donne può essere solo osservato da lontano, scrutato, spiato, chiacchierato, ma non vissuto con una partecipazione attiva.
Maria Lucia Ferlisi racconta la storia di un’epoca, prospettando la condizione femminile nei primi decenni del Novecento in Sicilia.
Tutti gli elementi della narrazione, personaggi e ambiente, assumono una forte caratterizzazione regionale.
E la scrittrice, pur scegliendo la forma del romanzo breve, non cede mai alla vaghezza e alla genericità, regalandoci una storia di costume.

Nell’epoca, a cui ci si riferisce, la Sicilia si presenta immobile e impenetrabile ai primi fermenti dei movimenti femministi, che incominciano a nascere altrove, nelle città del Nord Italia e più ancora in certi Paesi europei.

 La mentalità, che discrimina la donna, appare più resistente all’estremo Sud dell’Italia e in particolare nei piccoli centri che, isolati e privati di un confronto, restano fermi nella propria stagnazione.
Il culto della verginità femminile.
Il dovere di procreazione della donna.
Matrimoni riparatori o combinati dalle famiglie.
Differenza tra figli legittimi e “bastardi”.
Una morale femminile, rigida e severa e una morale maschile, estremamente permissiva.
Donne ritenute vecchie a trent’anni.
Donne, che passano dall’autorità paterna a quella del marito.
L’istruzione minima, garantita alle donne dei ceti abbienti e mai finalizzata allo svolgimento di un’attività fuori casa.
La morale ipocrita dell’apparire.
Un malinteso senso dell’onore e del disonore.

Sono tutti temi presenti nel romanzo della Ferlisi e indicativi di un dispotismo maschile, che pone la donna in una posizione di grave subalternità.


Sebbene gli indicatori temporali ci conducano agli anni Trenta, i personaggi rappresentati, per il modo di pensare e di agire, potrebbero essere collocati indifferentemente anche nell’Ottocento come negli anni Cinquanta.
La Sicilia, difatti, solo in tempi recenti si è libera dalle scorie di antichi preconcetti.
Del resto nel nostro Paese la soggezione delle donne non è stata solo consacrata da convinzioni intransigenti e retrive, ma per lungo tempo ha trovato anche il consenso di una dottrina giuridica lenta e ottusa.
Basti pensare che il delitto d’onore è stato cancellato solo nel 1981.
Nel romanzo ad avere un rilievo sono soprattutto i personaggi femminili che, pur subendo torti e umiliazioni, stentano a prendere coscienza del proprio stato.
La doppia morale, assimilata dalle donne, non risparmia i loro giudizi, inducendole a essere tolleranti nei confronti dell’uomo, a cui si perdonano infedeltà e soprusi.
Peraltro l’universo femminile tratteggiato dalla Ferlisi è diviso pesantemente dalle differenze sociali.
Se la donna è un oggetto, la donna ricca e di buona famiglia è un oggetto di valore e gode di un minimo di tutela.
La donna povera e di bassa condizione è una cosa di poco valore, che si compra facilmente.
Oggetto di scarto, che si può prendere e lasciare a proprio piacimento, si può usare e violentare senza scrupolo.

La donna povera è molto più debole, ricattabile e vulnerabile.

E qualora sia priva di una presenza maschile, che la protegga, è alla mercé di tutti e soprattutto del padrone,  come accade in questo romanzo ad Annina.

Che il padrone abusi della contadina o della serva è solo una naturale manifestazione di esuberanza virile, considerata con occhi indulgenti da entrambi i sessi.
In questo romanzo Consiglia e Annita appartengono a classi sociali molto distanti, una gode di notevole agiatezza e l’altra, povera e vedova, vive lavando e stirando panni nelle famiglie benestanti.
Le donne non hanno scoperto ancora la forza eversiva della solidarietà, indispensabile per smuovere privilegi e ingiustizie.

E appaiono vittime e complici nello stesso tempo.

Segmenti aggiuntivi di una geometria maschile, cementata dalla consuetudine.
Si muovono in un ambiente asfissiante e ostile, che sembra fissare ciascuno al proprio ruolo e alla propria condizione, non concedendo spazio ai sogni e alla loro realizzazione.

Le protagoniste di questo racconto sono prive di difesa e nella lotta quotidiana annaspano come guerrieri disarmati.


Se l’ignoranza rallenta la consapevolezza degli abusi, la povertà rende improbabile una reazione.
E l’inerzia, alla fine, favorisce le angherie degli oppositori, proiettando su di loro una luce opaca di legittimazione.
Le donne sono bloccate da un sistema cristallizzato di regole, dalle quali è difficile allontanarsi e le più povere hanno una difficoltà maggiore a sottrarsi all’impronta di una fatalità già scritta.

Il personaggio più dinamico, suscettibile di evoluzione, non a caso è Consiglia, più istruita e ricca.

Prima fragile, contraddittoria, poi combattiva, è l’unica donna, che saprà opporsi a un’esistenza grigia, anticipando un barlume di ribellione in una società restia al cambiamento.
Lei, che non esprimeva mai sentimenti né di comprensione né di pietà per le altre donne e ricorreva facilmente ai termini “buttana” e “bastardo”, con la stessa logica maschile, alla fine, e non a caso, dopo la morte del marito, saprà essere artefice della propria rinascita.
In una solitudine pensierosa esamina la propria vita.
Ripercorre con angoscia un passato triste  di prepotenze, sepolte nella memoria.
L’oltraggio più devastante le era stato inflitto dalla madre, che aveva deciso per lei, pregiudicando in maniera irrimediabile il suo futuro di donna.
La madre si era preoccupata unicamente di salvaguardare la reputazione della famiglia, sacrificando la figlia al senso dell’onore.
I sentimenti e la volontà di Consiglia erano stati trattati come dettagli irrilevanti, che non meritavano né attenzione né dubbi.
E, dopo molti anni, Consiglia matura una nuova coscienza e scopre di provare un risentimento profondo per la sopraffazione della madre.
Inoltre, per la prima volta, con un atteggiamento lucido e impietoso, riconosce anche i propri errori.
Questo percorso interiore, pur tormentato, la condurrà alla riappropriazione del proprio essere.
Da questa fase uscirà sollevata e rigenerata, sorprendendo tutti per la determinazione, con cui inseguirà un’esistenza rinnovata.

Il risveglio di Consiglia sarà accompagnato dalla disapprovazione generale, ma questa volta lei anteporrà a tutto la propria felicità e nel suo progetto di vita non ci sarà spazio per il  giudizio altrui.

Si libera dai vincoli familiari e sociali.
Il dissenso, anche quello dell’amata sorella, la lascia indifferente, non sente il bisogno di spiegarsi e non chiede di essere compresa
La donna con la sua voglia di riscatto compie un gesto di coraggio e di amore e si fa il regalo più desiderato, cercando di riprendersi quello che la vita le aveva negato.
Esprime la massima sfiducia nei confronti dell’ambiente, in cui vive, e lo scopre incompatibile con la propria realizzazione.
Desidera salvaguardare l’immunità conquistata e, per sfuggire all’oscurantismo, che come una malattia virulenta sembra aver contagiato uomini e cose, decide di lasciare definitivamente Marsala.

Non vuole perdere tempo, sente di recuperare il tempo perso e si prepara a partire, ma non sarà sola.

E in quella presenza straordinaria, che le sarà accanto, c’è la speranza di un nuovo futuro.
Due creature che si allontanano, mano nella mano, lasciandosi alle spalle ciascuna la propria infelicità.
“Lentamente si avviarono lungo la strada, un leggero caldo vento di scirocco accarezzava quei due corpi che lentamente rimpicciolivano alla fine della via, sempre di più fino a scomparire”.

Annita, un altro personaggio di rilievo, tende invece ad accettare supinamente gli eventi, e fino all’ultima pagina non riserverà molte sorprese al lettore.
Aderisce alla realtà e non osa insorgere.
In lei prevalgono l’assuefazione e la rassegnazione, caratteristiche tipiche dei vinti.
L’esistenza travagliata l’ha domata, rendendola arrendevole e fiaccando la fermezza del carattere.
Questa povera donna sprigiona la forza fisica nel lavoro.
Lava e strizza i panni delle signore e  passa  tante ore in piedi a stirare accuratamente capi fini di abbigliamento.
Deve manovrare con cautela il ferro, pieno di braci, sopra i tessuti delicati e teme di danneggiarli.
In questo caso non solo non guadagnerebbe nulla, ma dovrebbe risarcire il danno.
La vita dura ha strappato ad Annita la potenziale resistenza, offuscando pure la sua sensibilità.

Con perfetta simmetria, nelle parole e nei gesti della donna, i suoi comportamenti stupiscono per l’asprezza.

In lei vive una concezione dualistica dello spirito materno.

Madre responsabile per i figli legittimi e madre disamorata per il figlio bastardo, come lei stessa lo definisce.

Rispecchia la morale schizofrenica di una società, che con cieca crudeltà incomincia a discriminare i bambini sin dalla nascita, per poi continuare a perseguitarli come diversi.
Annina sente ripugnanza per l’aborto e sceglie la vita per il figlio della vergogna.
È l’unico atto d’amore, che saprà compiere per l’innocente creatura.
Annina non dubita, non s’interroga, si abbandona all’esistenza, assecondando il proprio istinto, che si muove tra la ragione e il cuore, assopiti dall’estenuante lotta quotidiana.
La sua sensibilità a poco a poco è stata come prosciugata dal caldo vento di scirocco della sua Terra, fino a dissolversi nell’aria, tanto da lasciare solo tracce impercettibili.

In questa storia, come nella vita reale, le donne sembrano fatalmente destinate a dover fare i conti con i sentimenti negativi o positivi, legati alla procreazione.

Essere madre un dovere, un desiderio, una fatalità, una vergogna.
Maternità più o meno felice, maternità desiderata e negata, maternità nascosta: un evento sempre al centro della riflessione femminile.
Nessuna donna riesce totalmente a sfuggire, almeno sul piano delle emozioni e dell’immaginazione, all’idea di maternità, che segna l’appartenenza al genere.
E oggi l’evoluzione, che ha illuminato anche i paesini del Sud Italia, non ha ancora liberato totalmente le donne dal dovere di essere madre.
Il dovere di essere madre è profondamente diverso dal desiderio di essere madre.
Tale differenza può essere colta solo dall’animo femminile. E a tale proposito vengono in mente le parole di Virginia Woolf:
“Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini, o vivessero come gli uomini, o assumessero l’aspetto degli uomini”.

Un altro dato interessante: in questa vicenda le figure maschili, a parte i bambini, sono tutte negative.

Antonio Nicosia,  Giovanni “u professuri”, ovvero il marito di Caterina, Sergio Tributi l’anziano pittore.
Tutti galantuomini, rispettabili protagonisti di una vita di provincia, che nasconde mediocrità e squallore dietro un perbenismo di facciata.
Sara, Carlo, Domenico, bambini poco amati o rifiutati, intervengono nella storia con una capacità di accoglienza, che a tanti adulti resta sconosciuta.

Il piccolo Domenico, che per la madre è solo “un inutile fardello”, per Sara e Carlo è semplicemente un fratello.
“…Sara e Carlo amavano quel fratellino, lo coccolavano in tutti i modi, facendolo giocare, portandolo in giro, dandogli da mangiare e raccontandogli delle storie per farlo addormentare…”

Qui con evidenza appare una frattura insanabile, che separa il mondo dei bambini da quello degli adulti.

Piccoli e grandi sono corpi tristemente separati, che non possono comunicare, perché s’ispirano a codici discordanti.
I bambini ascoltano con naturalezza la voce, che viene da dentro, mentre gli adulti, incapaci di coglierla, si lasciano catturare dal coro monotono di voci esterne.
Le sequenze più intense del racconto sono proprio quelle che vedono la partecipazione dei bambini, ma la scrittrice sfugge al rischio del sentimentalismo.

La Ferlisi, per tutta la narrazione, resta fedele a un atteggiamento misurato e distaccato, escludendo ogni giudizio morale.

L’autrice si confronta con il passato, rendendolo accessibile ai giovani di oggi.
Le nuove generazioni potrebbero non sapere, non capire che tante libertà, di cui godono, non sono sempre esistite.
Con un linguaggio limpido e del tutto privo di regionalismi racconta coraggiosamente la Sicilia di ieri, ponendosi in congiunzione tra presente e passato.
Le forme espressive sono uniformate alla contemporaneità, mentre personaggi e ambientazione sono ispirati alla tradizione.
Nel romanzo sentiamo sia l’eco non ancora spenta di storie, impresse nella memoria di una vita di provincia, e sia certe suggestioni della grande letteratura meridionale.
E’ l’esordiente, che intrattiene un dialogo con il passato.
Tuttavia nelle sue pagine non si percepisce la presunzione di emulare i grandi, ma piuttosto l’amore per quella cultura, di cui la scrittrice si è nutrita.
Maria Lucia Ferlisi, una siciliana che vive al Nord, ritorna alle origini con la mente e con lo spirito, confermando l’inscindibilità di un legame.
Gli autori isolani, o che appartengano al passato o che siano scrittori emergenti, non si distaccano mai totalmente dalle proprie radici.
Possono guardare al passato o al presente, possono sentirsi in sintonia o in conflitto, possono dare un’immagine vera o deformata, ma non recidono mai completamente il cordone ombelicale, che li lega alla Terra Madre.
E Maria Lucia Ferlisi con questo romanzo ha fatto ritorno nella sua Regione, lasciando i lettori di fronte a un affascinante quesito: “
Può esistere ancora una letteratura meridionale o, in senso esteso, una letteratura regionale?”.


Titolo: Un leggero caldo vento di scirocco
Autore: Maria Lucia Ferlisi
Edizione: Leucotea, 2016
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lunedì 21 novembre 2016

Un leggero caldo vento di scirocco di Ferlisi Maria Lucia



Grazie ad Elvira Rossi per la recensione pubblicata sul sito di Cultura Al femminile.


Un leggero caldo vento di scirocco 

di Maria Lucia Ferlisi 

Attraverso una storia di donne c’introduce nella Sicilia degli anni Trenta.

Le prime battute del libro disegnano presto l’atmosfera, in cui il lettore sarà immerso, spingendo il suo sguardo all’interno di una casa della piccola nobiltà di provincia.

È significativo che la prima immagine sia quella di una donna, che sbircia dalle persiane socchiuse.

Ad appartenere alla donna sono gli interni della propria dimora.
Il mondo esterno, che è di proprietà esclusiva degli uomini, dalle donne può essere solo osservato da lontano, scrutato, spiato, chiacchierato, ma non vissuto con una partecipazione attiva.
Maria Lucia Ferlisi racconta la storia di un’epoca, prospettando la condizione femminile nei primi decenni del Novecento in Sicilia.
Tutti gli elementi della narrazione, personaggi e ambiente, assumono una forte caratterizzazione regionale.
E la scrittrice, pur scegliendo la forma del romanzo breve, non cede mai alla vaghezza e alla genericità, regalandoci una storia di costume.

Nell’epoca, a cui ci si riferisce, la Sicilia si presenta immobile e impenetrabile ai primi fermenti dei movimenti femministi, che incominciano a nascere altrove, nelle città del Nord Italia e più ancora in certi Paesi europei.

 La mentalità, che discrimina la donna, appare più resistente all’estremo Sud dell’Italia e in particolare nei piccoli centri che, isolati e privati di un confronto, restano fermi nella propria stagnazione.
Il culto della verginità femminile.
Il dovere di procreazione della donna.
Matrimoni riparatori o combinati dalle famiglie.
Differenza tra figli legittimi e “bastardi”.
Una morale femminile, rigida e severa e una morale maschile, estremamente permissiva.
Donne ritenute vecchie a trent’anni.
Donne, che passano dall’autorità paterna a quella del marito.
L’istruzione minima, garantita alle donne dei ceti abbienti e mai finalizzata allo svolgimento di un’attività fuori casa.
La morale ipocrita dell’apparire.
Un malinteso senso dell’onore e del disonore.

Sono tutti temi presenti nel romanzo della Ferlisi e indicativi di un dispotismo maschile, che pone la donna in una posizione di grave subalternità.


Sebbene gli indicatori temporali ci conducano agli anni Trenta, i personaggi rappresentati, per il modo di pensare e di agire, potrebbero essere collocati indifferentemente anche nell’Ottocento come negli anni Cinquanta.
La Sicilia, difatti, solo in tempi recenti si è libera dalle scorie di antichi preconcetti.
Del resto nel nostro Paese la soggezione delle donne non è stata solo consacrata da convinzioni intransigenti e retrive, ma per lungo tempo ha trovato anche il consenso di una dottrina giuridica lenta e ottusa.
Basti pensare che il delitto d’onore è stato cancellato solo nel 1981.
Nel romanzo ad avere un rilievo sono soprattutto i personaggi femminili che, pur subendo torti e umiliazioni, stentano a prendere coscienza del proprio stato.
La doppia morale, assimilata dalle donne, non risparmia i loro giudizi, inducendole a essere tolleranti nei confronti dell’uomo, a cui si perdonano infedeltà e soprusi.
Peraltro l’universo femminile tratteggiato dalla Ferlisi è diviso pesantemente dalle differenze sociali.
Se la donna è un oggetto, la donna ricca e di buona famiglia è un oggetto di valore e gode di un minimo di tutela.
La donna povera e di bassa condizione è una cosa di poco valore, che si compra facilmente.
Oggetto di scarto, che si può prendere e lasciare a proprio piacimento, si può usare e violentare senza scrupolo.

La donna povera è molto più debole, ricattabile e vulnerabile.

E qualora sia priva di una presenza maschile, che la protegga, è alla mercé di tutti e soprattutto del padrone,  come accade in questo romanzo ad Annina.

Che il padrone abusi della contadina o della serva è solo una naturale manifestazione di esuberanza virile, considerata con occhi indulgenti da entrambi i sessi.
In questo romanzo Consiglia e Annita appartengono a classi sociali molto distanti, una gode di notevole agiatezza e l’altra, povera e vedova, vive lavando e stirando panni nelle famiglie benestanti.
Le donne non hanno scoperto ancora la forza eversiva della solidarietà, indispensabile per smuovere privilegi e ingiustizie.

E appaiono vittime e complici nello stesso tempo.

Segmenti aggiuntivi di una geometria maschile, cementata dalla consuetudine.
Si muovono in un ambiente asfissiante e ostile, che sembra fissare ciascuno al proprio ruolo e alla propria condizione, non concedendo spazio ai sogni e alla loro realizzazione.

Le protagoniste di questo racconto sono prive di difesa e nella lotta quotidiana annaspano come guerrieri disarmati.


Se l’ignoranza rallenta la consapevolezza degli abusi, la povertà rende improbabile una reazione.
E l’inerzia, alla fine, favorisce le angherie degli oppositori, proiettando su di loro una luce opaca di legittimazione.
Le donne sono bloccate da un sistema cristallizzato di regole, dalle quali è difficile allontanarsi e le più povere hanno una difficoltà maggiore a sottrarsi all’impronta di una fatalità già scritta.

Il personaggio più dinamico, suscettibile di evoluzione, non a caso è Consiglia, più istruita e ricca.

Prima fragile, contraddittoria, poi combattiva, è l’unica donna, che saprà opporsi a un’esistenza grigia, anticipando un barlume di ribellione in una società restia al cambiamento.
Lei, che non esprimeva mai sentimenti né di comprensione né di pietà per le altre donne e ricorreva facilmente ai termini “buttana” e “bastardo”, con la stessa logica maschile, alla fine, e non a caso, dopo la morte del marito, saprà essere artefice della propria rinascita.
In una solitudine pensierosa esamina la propria vita.
Ripercorre con angoscia un passato triste  di prepotenze, sepolte nella memoria.
L’oltraggio più devastante le era stato inflitto dalla madre, che aveva deciso per lei, pregiudicando in maniera irrimediabile il suo futuro di donna.
La madre si era preoccupata unicamente di salvaguardare la reputazione della famiglia, sacrificando la figlia al senso dell’onore.
I sentimenti e la volontà di Consiglia erano stati trattati come dettagli irrilevanti, che non meritavano né attenzione né dubbi.
E, dopo molti anni, Consiglia matura una nuova coscienza e scopre di provare un risentimento profondo per la sopraffazione della madre.
Inoltre, per la prima volta, con un atteggiamento lucido e impietoso, riconosce anche i propri errori.
Questo percorso interiore, pur tormentato, la condurrà alla riappropriazione del proprio essere.
Da questa fase uscirà sollevata e rigenerata, sorprendendo tutti per la determinazione, con cui inseguirà un’esistenza rinnovata.

Il risveglio di Consiglia sarà accompagnato dalla disapprovazione generale, ma questa volta lei anteporrà a tutto la propria felicità e nel suo progetto di vita non ci sarà spazio per il  giudizio altrui.

Si libera dai vincoli familiari e sociali.
Il dissenso, anche quello dell’amata sorella, la lascia indifferente, non sente il bisogno di spiegarsi e non chiede di essere compresa
La donna con la sua voglia di riscatto compie un gesto di coraggio e di amore e si fa il regalo più desiderato, cercando di riprendersi quello che la vita le aveva negato.
Esprime la massima sfiducia nei confronti dell’ambiente, in cui vive, e lo scopre incompatibile con la propria realizzazione.
Desidera salvaguardare l’immunità conquistata e, per sfuggire all’oscurantismo, che come una malattia virulenta sembra aver contagiato uomini e cose, decide di lasciare definitivamente Marsala.

Non vuole perdere tempo, sente di recuperare il tempo perso e si prepara a partire, ma non sarà sola.

E in quella presenza straordinaria, che le sarà accanto, c’è la speranza di un nuovo futuro.
Due creature che si allontanano, mano nella mano, lasciandosi alle spalle ciascuna la propria infelicità.
“Lentamente si avviarono lungo la strada, un leggero caldo vento di scirocco accarezzava quei due corpi che lentamente rimpicciolivano alla fine della via, sempre di più fino a scomparire”.

Annita, un altro personaggio di rilievo, tende invece ad accettare supinamente gli eventi, e fino all’ultima pagina non riserverà molte sorprese al lettore.
Aderisce alla realtà e non osa insorgere.
In lei prevalgono l’assuefazione e la rassegnazione, caratteristiche tipiche dei vinti.
L’esistenza travagliata l’ha domata, rendendola arrendevole e fiaccando la fermezza del carattere.
Questa povera donna sprigiona la forza fisica nel lavoro.
Lava e strizza i panni delle signore e  passa  tante ore in piedi a stirare accuratamente capi fini di abbigliamento.
Deve manovrare con cautela il ferro, pieno di braci, sopra i tessuti delicati e teme di danneggiarli.
In questo caso non solo non guadagnerebbe nulla, ma dovrebbe risarcire il danno.
La vita dura ha strappato ad Annita la potenziale resistenza, offuscando pure la sua sensibilità.

Con perfetta simmetria, nelle parole e nei gesti della donna si ris
I suoi comportamenti stupiscono per l’asprezza.

In lei vive una concezione dualistica dello spirito materno.

Madre responsabile per i figli legittimi e madre disamorata per il figlio bastardo, come lei stessa lo definisce.

pecchia la morale schizofrenica di una società, che con cieca crudeltà incomincia a discriminare i bambini sin dalla nascita, per poi continuare a perseguitarli come diversi.
Annina sente ripugnanza per l’aborto e sceglie la vita per il figlio della vergogna.
È l’unico atto d’amore, che saprà compiere per l’innocente creatura.
Annina non dubita, non s’interroga, si abbandona all’esistenza, assecondando il proprio istinto, che si muove tra la ragione e il cuore, assopiti dall’estenuante lotta quotidiana.
La sua sensibilità a poco a poco è stata come prosciugata dal caldo vento di scirocco della sua Terra, fino a dissolversi nell’aria, tanto da lasciare solo tracce impercettibili.

In questa storia, come nella vita reale, le donne sembrano fatalmente destinate a dover fare i conti con i sentimenti negativi o positivi, legati alla procreazione.

Essere madre un dovere, un desiderio, una fatalità, una vergogna.
Maternità più o meno felice, maternità desiderata e negata, maternità nascosta: un evento sempre al centro della riflessione femminile.
Nessuna donna riesce totalmente a sfuggire, almeno sul piano delle emozioni e dell’immaginazione, all’idea di maternità, che segna l’appartenenza al genere.
E oggi l’evoluzione, che ha illuminato anche i paesini del Sud Italia, non ha ancora liberato totalmente le donne dal dovere di essere madre.
Il dovere di essere madre è profondamente diverso dal desiderio di essere madre.
Tale differenza può essere colta solo dall’animo femminile. E a tale proposito vengono in mente le parole di Virginia Woolf:
“Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini, o vivessero come gli uomini, o assumessero l’aspetto degli uomini”.

Un altro dato interessante: in questa vicenda le figure maschili, a parte i bambini, sono tutte negative.

Antonio Nicosia,  Giovanni “u professuri”, ovvero il marito di Caterina, Sergio Tributi l’anziano pittore.
Tutti galantuomini, rispettabili protagonisti di una vita di provincia, che nasconde mediocrità e squallore dietro un perbenismo di facciata.
Sara, Carlo, Domenico, bambini poco amati o rifiutati, intervengono nella storia con una capacità di accoglienza, che a tanti adulti resta sconosciuta.

Il piccolo Domenico, che per la madre è solo “un inutile fardello”, per Sara e Carlo è semplicemente un fratello.
“…Sara e Carlo amavano quel fratellino, lo coccolavano in tutti i modi, facendolo giocare, portandolo in giro, dandogli da mangiare e raccontandogli delle storie per farlo addormentare…”

Qui con evidenza appare una frattura insanabile, che separa il mondo dei bambini da quello degli adulti.

Piccoli e grandi sono corpi tristemente separati, che non possono comunicare, perché s’ispirano a codici discordanti.
I bambini ascoltano con naturalezza la voce, che viene da dentro, mentre gli adulti, incapaci di coglierla, si lasciano catturare dal coro monotono di voci esterne.
Le sequenze più intense del racconto sono proprio quelle che vedono la partecipazione dei bambini, ma la scrittrice sfugge al rischio del sentimentalismo.

La Ferlisi, per tutta la narrazione, resta fedele a un atteggiamento misurato e distaccato, escludendo ogni giudizio morale.

L’autrice si confronta con il passato, rendendolo accessibile ai giovani di oggi.
Le nuove generazioni potrebbero non sapere, non capire che tante libertà, di cui godono, non sono sempre esistite.
Con un linguaggio limpido e del tutto privo di regionalismi racconta coraggiosamente la Sicilia di ieri, ponendosi in congiunzione tra presente e passato.
Le forme espressive sono uniformate alla contemporaneità, mentre personaggi e ambientazione sono ispirati alla tradizione.
Nel romanzo sentiamo sia l’eco non ancora spenta di storie, impresse nella memoria di una vita di provincia, e sia certe suggestioni della grande letteratura meridionale.
E’ l’esordiente, che intrattiene un dialogo con il passato.
Tuttavia nelle sue pagine non si percepisce la presunzione di emulare i grandi, ma piuttosto l’amore per quella cultura, di cui la scrittrice si è nutrita.
Maria Lucia Ferlisi, una siciliana che vive al Nord, ritorna alle origini con la mente e con lo spirito, confermando l’inscindibilità di un legame.
Gli autori isolani, o che appartengano al passato o che siano scrittori emergenti, non si distaccano mai totalmente dalle proprie radici.
Possono guardare al passato o al presente, possono sentirsi in sintonia o in conflitto, possono dare un’immagine vera o deformata, ma non recidono mai completamente il cordone ombelicale, che li lega alla Terra Madre.
E Maria Lucia Ferlisi con questo romanzo ha fatto ritorno nella sua Regione, lasciando i lettori di fronte a un affascinante quesito: “
Può esistere ancora una letteratura meridionale o, in senso esteso, una letteratura regionale?”.


Titolo: Un leggero caldo vento di scirocco
Autore: Maria Lucia Ferlisi
Edizione: Leucotea, 2016
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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.