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mercoledì 17 luglio 2019

Amara Libertà di Maria Lucia Ferlisi

Carissimi lettori e lettrici
Oggi, sul sito di Cultura al femminile, ho letto la recensione del mio romanzo Amara Libertà, è stata una piacevolissima sorpresa della mia amica recensora Elvira Rossi che senza anticiparmi nulla l'ha pubblicato nel blog.
 Le recensioni di Elvira sono dei mini saggi dedicati ai romanzi che legge, un racconto nel romanzo potremmo definire. 
La ringrazio e vi rendo partecipi, invitandovi a leggere l'articolo nel blog :
Un piccolo estratto:
La narrazione, passo dopo passo, coinvolge il lettore, cattura il suo interesse e lo incoraggia ad andare avanti rapidamente. 
Linearità, chiarezza e coerenza definiscono la struttura della trama. 
Lo stile linguistico, che non si avventura mai né nei luoghi comuni né nelle stravaganze, risulta agile e immediatamente comunicativo. 
“ Amara libertà” di Maria Lucia Ferlisi è una storia di antica sofferenza che parla agli uomini e alle donne di oggi.

lunedì 21 gennaio 2019

Amara Libertà





Il mio romanzo AMARA LIBERTA' segnalato sul blog
Tutta colpa dei libri:

http://tuttacolpadeilibri.blogspot.com/search/label/Maria%20Lucia%20Ferlisi

martedì 11 dicembre 2018

Amara Libertà di Maria Lucia Ferlisi


Carissimi lettori e lettrici

oggi sul blog Un libro nel cassetto della mia amica blogger Alisya Rowiel una bellissima recensione del mio romanzo che voglio condividere con voi.

Vi posto alcuni stralci, ma vi invito a leggerla tutta sul blog:

Ringrazio Alisya che ha saputo cogliere l'essenza del libro,   e ringrazio voi per la lettura.
Maria Lucia

Angela è un personaggio splendidamente curato che ha un'evoluzione intensa, ma anche dolorosa. Il suo essere forte e indomita, il suo sfidare le convenzioni alla fine le costa tanto, pur regalandole la libertà a cui tanto ambiva.

Anche i personaggi secondari sono ben curati sia nei modi che negli atteggiamenti tanto da apparire estremamente realistici. Tra tutti quello che ho apprezzato di più è Amal per il ruolo dato all'amicizia che la lega alla protagonista e per il senso di solidarietà femminile che viene fuori da questo rapporto che in qualche modo fa rinascere la speranza nel cuore della ragazza.

La storia di Angela ha sicuramente un grande impatto e nel narrarla, nonostante i contenuti forti, Maria Lucia Ferlisi mostra una grande sensibilità. Inoltre lo stile semplice ed essenziale del racconto si sposa con un lessico molto curato riuscendo così a ricreare in modo molto efficace sia i contesti che le atmosfere in cui sono immersi i personaggi.

lunedì 3 dicembre 2018

Amara Libertà


Carissimi amici ed amiche

questa settimana doppia sorpresa per il mio romanzo: Amara Libertà.
Sul blog di Olivia, carissima amica e blogger, troverete una segnalazione del romanzo con l'invito ad acquistarlo e magari regalarlo per Natale!

Sul sito RecensioniLibri.org troverete una accattivante intervista rilasciata da me per il blog.

Vi riporto l'intervista, un modo per conoscere l'autrice e magari per conoscere anche i suoi romanzi.

Maria Lucia Ferlisi, nata a Marsala in Sicilia, vive a Mantova dal 1973. Lavora nel comune di Mantova. Attenta osservatrice, guarda le persone, immagina le loro vite, sentimenti o segreti nascosti dietro ai gesti quotidiani. Pone particolare attenzione alle problematiche dell’universo femminile. Ha un blog: La lettrice di carta. Ha scritto due romanzi e vinto numerosi premi con i racconti brevi. In questa intervista ci parla del suo Amara Libertà.
Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.Angela insegue il sogno di essere una donna libera, ma non è facile realizzarlo in una società chiusa e immobile come la Sicilia di metà ottocento. Sogna di diventare una grande sarta, in mezzo alla delicatezza ed al fruscio dei tessuti, ma il suo destino la vede chiusa in una casa con marito e figli. Nella sua vita entrano due uomini ed entrambi riusciranno a calpestare la sua identità di donna.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?Prima di essere una scrittrice, mi considero una grande lettrice, amo leggere da sempre e non ho mai smesso. Ho iniziato a scrivere tardi, nell’età della maturità, ma solo perché avevo più tempo per la scrittura. Ho iniziato con piccoli racconti, partecipavo ai vari concorsi e vincevo. Questo mi ha rassicurata e dato fiducia per scrivere un romanzo. Sono giunta al mio secondo romanzo.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.La notte quando il silenzio non è interrotto da voci e rumori, le storie acquistano forma, i personaggi si animano e mi abbandono alle immagini che rincorrono la mente. Al mattino quando figlia e marito vanno via, nel silenzio della mia piccola stanza, tra le pile di panni da stirare, piante, cani e coniglietto, nel quaderno e con la penna rigorosamente sottile, tramuto i sogni in parole…
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.Da sempre ho amato i veristi, la realtà raccontata per quello che è nella realtà, senza finzioni o edulcorazioni. Non so se sono all’altezza delle mie aspirazioni, di sicuro mi impegno molto. Storia di una capinera di G. Verga per me è un piccolo scrigno per una storia straordinaria. Non sempre è necessario scrivere trecento pagine, ne bastano poche per trasmettere emozioni al lettore.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?Amo il silenzio sia quando scrivo o quando leggo. Ho la fortuna di vivere in un piccolo paese di 700 anime e la colonna sonora sono gli uccellini sugli alberi del mio giardino. Amo il rock e i cantautori, i Rolling Stone ed i QueenGuccini eDe AndrèManeskin e Giorgia…La musica è movimento, preferisco averla come colonna sonora in altri momenti.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.Cari lettori e lettrici sono una donna che a sessant’anni ama ancora sognare. Nel mio cassetto non c’è un solo sogno, ma tanti che svolazzano con tanta voglia di volare in alto e voi lettori potete aiutarmi a realizzare quello della scrittura.


https://olivialascrittrice.blogspot.com/2018/12/segnalazione-del-romanzo-amara-liberta.html

https://www.recensionilibri.org/2018/12/intervista-a-maria-lucia-ferlisi-autrice-de-amara-liberta.html

martedì 13 novembre 2018

Amara Libertà di Maria Lucia Ferlisi

Carissimi lettori e lettrici

il mio romanzo Amara Libertà, ad un mese dall'uscita, ha già ricevuto due splendide recensioni sul sito di Cultura al Femminile e altre due recensioni su Amazon.

Sono soddisfatta, nelle presentazioni il pubblico è sempre partecipe ed attento e i riscontri verbali di chi l'ha già letto mi riempiono di gioia.

Gioia che voglio condividere con voi, pubblico del blog Lettrice di Carta, un pubblico numeroso, attento e partecipe.

Vi posto commenti e recensioni.

Recensioni da Amazon



Storia potente, sanguigna, ambientata nella Sicilia all'alba dell'Unità d'Italia, narrata con una scrittura vigorosa ed essenziale che rende bene lo spirito dei tempi e dei luoghi. Personaggi espressivi, realistici, percorsi da violenze e passioni, che più siciliani non si potrebbe, ma proprio per questo credibili e affascinanti. Decisamente buona la lingua, padroneggiata sempre con assoluta sicurezza. Un buon lavoro che fa venire curiosità e voglia di procedere nella narrazione per inoltrarsi negli snodi più drammatici della vicenda, già dalle prime pagine.

È davvero una brava scrittrice Lucia Ferlisi.La sua abilità nel delineare caratteri e situazioni è notevole come notevole è la sua sensibilità nel narrare.È la storia di una donna,questo romanzo .Ma è anche la storia di un' Italia che sta per unirsi mentre la disgregazione del tessuto sociale imperversa ancora nella Sicilia del 1860.Lettura avvincente,interessante e profonda.Brava.
https://www.amazon.it/Amara-libert%C3%A0-Maria-Lucia-Ferlisi/dp/8893432307/ref=sr_1_4?s=books&ie=UTF8&qid=1542097330&sr=1-4&keywords=amara+libert%C3%A0

Stralci dalle due recensioni su Cultura al Femminile
 Scritto in maniera scorrevole, ogni tanto l’autrice ci omaggia di qualche termine della parlata siciliana nonché di scorci di vita di paese con le sue tradizioni che sembrano piccole tessere colorate in un mosaico in nero e grigio per la drammaticità della storia.
Sì, perché la vicenda di Angela è di quelle che spingerebbero a prendere a bastonate tutti. E a lasciare su di loro un segno indelebile… c’è un solo personaggio che ho amato e che mi ha commossa. Tutti gli altri, ipocriti e senza umanità, meritano di vivere le loro miserie!
Quando si legge un libro del genere, non lo si può dimenticare, lascia un segno e desideri solo abbracciare la protagonista e ripagarla di tutto ciò che ha sofferto.

Io sono solita affermare che la validità di un romanzo si misura sulla capacita di calamitare l’attenzione del lettore:se riesce difficile staccarci dalla pagina,il romanzo è quasi di sicuro notevole.
E un’opera notevole è quella della nostra Lucia Ferlisi che con grande sensibilità ci ha presi per mano e riportati indietro in un passato presente.

https://www.culturalfemminile.com/?s=amara+libert%C3%A0

lunedì 22 ottobre 2018

Amara Libertà di Maria Lucia Ferlisi

Carissimi amici ed amiche lettrice del blog
questa volta la promozione di un romanzo è tutta dedicata a me!  Nelle librerie è arrivato il mio secondo romanzo:
  Amara Libertà.

È una storia ambientata nella seconda metà dell'ottocento, ma la vita di Angela è sempre attuale, ieri come oggi, devi lottare per i suoi sogni e ogni lotta porta dolore e rabbia, devi imparare presto a combattere contro i giudizi altrui, in una società che non accetta una donna libera...ieri come oggi... 

La vicenda narrativa prende corpo a cominciare dal giorno in cui, davanti all'Ufficiale di stato civile, impone alla figlia neonata, in un gesto di sfida, il nome di Unità.

La storia si arriccia sugli stretti stereotipi di ruolo e sulle convenzioni sociali e morali di allora. 
Angela è un demone e non può e non vuole diventare un angelo del focolare. Non può essere figlia ubbidiente, e neanche una buona moglie o madre.
La sua vicenda la porta ad agire fuori dalla norma. 
È nata donna in una cultura arretrata che la considera solo un corpo per l'uomo e la maternità....


Il romanzo potete prenotarlo in tutte le librerie e anche online. A Mantova è già presente in molte librerie proprio sugli scaffali, il sogno di tutti gli scrittori emergenti...

Link per l'acquisto:


Scheda Libro
Titolo: AMARA Libertà
Autore: MARIA LUCIA FERLISI
Casa Editrice: Augh! Edizioni per Alter Ego
Pagine: 116
Costo: 13,00

Quarta di copertina
Sullo sfondo di una Sicilia immobile e impenetrabile, si svolge la storia di Angela, una ragazza che sogna di evadere da quella terra ottusa e rigida per vivere la propria esistenza senza l’imposizione di un matrimonio e il dovere di mettere al mondo dei figli. La giovane è combattiva e fiera, non vuole restare impigliata nella rete di un mondo cristallizzato in regole e pregiudizi e cercherà di sottrarsi a un destino già scritto. Una donna non può sognare l’indipendenza né amare liberamente; la protagonista lo capirà a sue spese, quando incontrerà Corrado e Pietro, due uomini differenti ma che in modi diversi la calpesteranno. Per Angela la libertà avrà un sapore amaro, ma lei non sarà più sola ad affrontare le sfide della vita.

L’autrice:
Maria Lucia Ferlisi è nata a Marsala (TP), ma si è trasferita a Mantova nel 1973. Laureata in Scienze della Comunicazione, vive a Grazie di Curtatone e lavora presso il Comune di Mantova. 

È autrice del blog “La lettrice di carta”. 
Collabora con il sito “Cultura al femminile”. 
Ha vinto e ha partecipato a diversi concorsi letterari. 
Ha pubblicato Un leggero caldo vento di scirocco (Leucotea, 2015), finalista alla vii edizione del Premio Artistico Nazionale “Sirmione Lugana 2016”.

venerdì 24 agosto 2018

In offerta al 50% UN LEGGERO CALDO VENTO DI SCIROCCO



Carissimi amici ed amiche
oggi mi autopromuovo, su Ebay è in offerta, solo per oggi, al 50%, il mio romanzo,  Un leggero caldo vento di scirocco: non perdetevelo!!

"Maria Lucia Ferlisi racconta la storia di un’epoca, prospettando la condizione femminile nei primi decenni del Novecento in Sicilia.Tutti gli elementi della narrazione, personaggi e ambiente, assumono una forte caratterizzazione regionale.

E la scrittrice, pur scegliendo la forma del romanzo breve, non cede mai alla vaghezza e alla genericità, regalandoci una storia di costume."




venerdì 25 maggio 2018

Un leggero caldo vento di scirocco di Maria Lucia Ferlisi

Carissime amiche ed amici del blog 

ripubblico questa recensione, straordinaria, del mio romanzo,  a cura di Elvira Rossi, recensora del sito Cultura al Femminile.

Un leggero caldo vento di scirocco 

di Maria Lucia Ferlisi 

Attraverso una storia di donne c’introduce nella Sicilia degli anni Trenta.

Le prime battute del libro disegnano presto l’atmosfera, in cui il lettore sarà immerso, spingendo il suo sguardo all’interno di una casa della piccola nobiltà di provincia.

È significativo che la prima immagine sia quella di una donna, che sbircia dalle persiane socchiuse.

Ad appartenere alla donna sono gli interni della propria dimora.
Il mondo esterno, che è di proprietà esclusiva degli uomini, dalle donne può essere solo osservato da lontano, scrutato, spiato, chiacchierato, ma non vissuto con una partecipazione attiva.
Maria Lucia Ferlisi racconta la storia di un’epoca, prospettando la condizione femminile nei primi decenni del Novecento in Sicilia.
Tutti gli elementi della narrazione, personaggi e ambiente, assumono una forte caratterizzazione regionale.
E la scrittrice, pur scegliendo la forma del romanzo breve, non cede mai alla vaghezza e alla genericità, regalandoci una storia di costume.

Nell’epoca, a cui ci si riferisce, la Sicilia si presenta immobile e impenetrabile ai primi fermenti dei movimenti femministi, che incominciano a nascere altrove, nelle città del Nord Italia e più ancora in certi Paesi europei.

 La mentalità, che discrimina la donna, appare più resistente all’estremo Sud dell’Italia e in particolare nei piccoli centri che, isolati e privati di un confronto, restano fermi nella propria stagnazione.
Il culto della verginità femminile.
Il dovere di procreazione della donna.
Matrimoni riparatori o combinati dalle famiglie.
Differenza tra figli legittimi e “bastardi”.
Una morale femminile, rigida e severa e una morale maschile, estremamente permissiva.
Donne ritenute vecchie a trent’anni.
Donne, che passano dall’autorità paterna a quella del marito.
L’istruzione minima, garantita alle donne dei ceti abbienti e mai finalizzata allo svolgimento di un’attività fuori casa.
La morale ipocrita dell’apparire.
Un malinteso senso dell’onore e del disonore.

Sono tutti temi presenti nel romanzo della Ferlisi e indicativi di un dispotismo maschile, che pone la donna in una posizione di grave subalternità.


Sebbene gli indicatori temporali ci conducano agli anni Trenta, i personaggi rappresentati, per il modo di pensare e di agire, potrebbero essere collocati indifferentemente anche nell’Ottocento come negli anni Cinquanta.
La Sicilia, difatti, solo in tempi recenti si è libera dalle scorie di antichi preconcetti.
Del resto nel nostro Paese la soggezione delle donne non è stata solo consacrata da convinzioni intransigenti e retrive, ma per lungo tempo ha trovato anche il consenso di una dottrina giuridica lenta e ottusa.
Basti pensare che il delitto d’onore è stato cancellato solo nel 1981.
Nel romanzo ad avere un rilievo sono soprattutto i personaggi femminili che, pur subendo torti e umiliazioni, stentano a prendere coscienza del proprio stato.
La doppia morale, assimilata dalle donne, non risparmia i loro giudizi, inducendole a essere tolleranti nei confronti dell’uomo, a cui si perdonano infedeltà e soprusi.
Peraltro l’universo femminile tratteggiato dalla Ferlisi è diviso pesantemente dalle differenze sociali.
Se la donna è un oggetto, la donna ricca e di buona famiglia è un oggetto di valore e gode di un minimo di tutela.
La donna povera e di bassa condizione è una cosa di poco valore, che si compra facilmente.
Oggetto di scarto, che si può prendere e lasciare a proprio piacimento, si può usare e violentare senza scrupolo.

La donna povera è molto più debole, ricattabile e vulnerabile.

E qualora sia priva di una presenza maschile, che la protegga, è alla mercé di tutti e soprattutto del padrone,  come accade in questo romanzo ad Annina.

Che il padrone abusi della contadina o della serva è solo una naturale manifestazione di esuberanza virile, considerata con occhi indulgenti da entrambi i sessi.
In questo romanzo Consiglia e Annita appartengono a classi sociali molto distanti, una gode di notevole agiatezza e l’altra, povera e vedova, vive lavando e stirando panni nelle famiglie benestanti.
Le donne non hanno scoperto ancora la forza eversiva della solidarietà, indispensabile per smuovere privilegi e ingiustizie.

E appaiono vittime e complici nello stesso tempo.

Segmenti aggiuntivi di una geometria maschile, cementata dalla consuetudine.
Si muovono in un ambiente asfissiante e ostile, che sembra fissare ciascuno al proprio ruolo e alla propria condizione, non concedendo spazio ai sogni e alla loro realizzazione.

Le protagoniste di questo racconto sono prive di difesa e nella lotta quotidiana annaspano come guerrieri disarmati.


Se l’ignoranza rallenta la consapevolezza degli abusi, la povertà rende improbabile una reazione.
E l’inerzia, alla fine, favorisce le angherie degli oppositori, proiettando su di loro una luce opaca di legittimazione.
Le donne sono bloccate da un sistema cristallizzato di regole, dalle quali è difficile allontanarsi e le più povere hanno una difficoltà maggiore a sottrarsi all’impronta di una fatalità già scritta.

Il personaggio più dinamico, suscettibile di evoluzione, non a caso è Consiglia, più istruita e ricca.

Prima fragile, contraddittoria, poi combattiva, è l’unica donna, che saprà opporsi a un’esistenza grigia, anticipando un barlume di ribellione in una società restia al cambiamento.
Lei, che non esprimeva mai sentimenti né di comprensione né di pietà per le altre donne e ricorreva facilmente ai termini “buttana” e “bastardo”, con la stessa logica maschile, alla fine, e non a caso, dopo la morte del marito, saprà essere artefice della propria rinascita.
In una solitudine pensierosa esamina la propria vita.
Ripercorre con angoscia un passato triste  di prepotenze, sepolte nella memoria.
L’oltraggio più devastante le era stato inflitto dalla madre, che aveva deciso per lei, pregiudicando in maniera irrimediabile il suo futuro di donna.
La madre si era preoccupata unicamente di salvaguardare la reputazione della famiglia, sacrificando la figlia al senso dell’onore.
I sentimenti e la volontà di Consiglia erano stati trattati come dettagli irrilevanti, che non meritavano né attenzione né dubbi.
E, dopo molti anni, Consiglia matura una nuova coscienza e scopre di provare un risentimento profondo per la sopraffazione della madre.
Inoltre, per la prima volta, con un atteggiamento lucido e impietoso, riconosce anche i propri errori.
Questo percorso interiore, pur tormentato, la condurrà alla riappropriazione del proprio essere.
Da questa fase uscirà sollevata e rigenerata, sorprendendo tutti per la determinazione, con cui inseguirà un’esistenza rinnovata.

Il risveglio di Consiglia sarà accompagnato dalla disapprovazione generale, ma questa volta lei anteporrà a tutto la propria felicità e nel suo progetto di vita non ci sarà spazio per il  giudizio altrui.

Si libera dai vincoli familiari e sociali.
Il dissenso, anche quello dell’amata sorella, la lascia indifferente, non sente il bisogno di spiegarsi e non chiede di essere compresa
La donna con la sua voglia di riscatto compie un gesto di coraggio e di amore e si fa il regalo più desiderato, cercando di riprendersi quello che la vita le aveva negato.
Esprime la massima sfiducia nei confronti dell’ambiente, in cui vive, e lo scopre incompatibile con la propria realizzazione.
Desidera salvaguardare l’immunità conquistata e, per sfuggire all’oscurantismo, che come una malattia virulenta sembra aver contagiato uomini e cose, decide di lasciare definitivamente Marsala.

Non vuole perdere tempo, sente di recuperare il tempo perso e si prepara a partire, ma non sarà sola.

E in quella presenza straordinaria, che le sarà accanto, c’è la speranza di un nuovo futuro.
Due creature che si allontanano, mano nella mano, lasciandosi alle spalle ciascuna la propria infelicità.
“Lentamente si avviarono lungo la strada, un leggero caldo vento di scirocco accarezzava quei due corpi che lentamente rimpicciolivano alla fine della via, sempre di più fino a scomparire”.

Annita, un altro personaggio di rilievo, tende invece ad accettare supinamente gli eventi, e fino all’ultima pagina non riserverà molte sorprese al lettore.
Aderisce alla realtà e non osa insorgere.
In lei prevalgono l’assuefazione e la rassegnazione, caratteristiche tipiche dei vinti.
L’esistenza travagliata l’ha domata, rendendola arrendevole e fiaccando la fermezza del carattere.
Questa povera donna sprigiona la forza fisica nel lavoro.
Lava e strizza i panni delle signore e  passa  tante ore in piedi a stirare accuratamente capi fini di abbigliamento.
Deve manovrare con cautela il ferro, pieno di braci, sopra i tessuti delicati e teme di danneggiarli.
In questo caso non solo non guadagnerebbe nulla, ma dovrebbe risarcire il danno.
La vita dura ha strappato ad Annita la potenziale resistenza, offuscando pure la sua sensibilità.

Con perfetta simmetria, nelle parole e nei gesti della donna, i suoi comportamenti stupiscono per l’asprezza.

In lei vive una concezione dualistica dello spirito materno.

Madre responsabile per i figli legittimi e madre disamorata per il figlio bastardo, come lei stessa lo definisce.

Rispecchia la morale schizofrenica di una società, che con cieca crudeltà incomincia a discriminare i bambini sin dalla nascita, per poi continuare a perseguitarli come diversi.
Annina sente ripugnanza per l’aborto e sceglie la vita per il figlio della vergogna.
È l’unico atto d’amore, che saprà compiere per l’innocente creatura.
Annina non dubita, non s’interroga, si abbandona all’esistenza, assecondando il proprio istinto, che si muove tra la ragione e il cuore, assopiti dall’estenuante lotta quotidiana.
La sua sensibilità a poco a poco è stata come prosciugata dal caldo vento di scirocco della sua Terra, fino a dissolversi nell’aria, tanto da lasciare solo tracce impercettibili.

In questa storia, come nella vita reale, le donne sembrano fatalmente destinate a dover fare i conti con i sentimenti negativi o positivi, legati alla procreazione.

Essere madre un dovere, un desiderio, una fatalità, una vergogna.
Maternità più o meno felice, maternità desiderata e negata, maternità nascosta: un evento sempre al centro della riflessione femminile.
Nessuna donna riesce totalmente a sfuggire, almeno sul piano delle emozioni e dell’immaginazione, all’idea di maternità, che segna l’appartenenza al genere.
E oggi l’evoluzione, che ha illuminato anche i paesini del Sud Italia, non ha ancora liberato totalmente le donne dal dovere di essere madre.
Il dovere di essere madre è profondamente diverso dal desiderio di essere madre.
Tale differenza può essere colta solo dall’animo femminile. E a tale proposito vengono in mente le parole di Virginia Woolf:
“Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini, o vivessero come gli uomini, o assumessero l’aspetto degli uomini”.

Un altro dato interessante: in questa vicenda le figure maschili, a parte i bambini, sono tutte negative.

Antonio Nicosia,  Giovanni “u professuri”, ovvero il marito di Caterina, Sergio Tributi l’anziano pittore.
Tutti galantuomini, rispettabili protagonisti di una vita di provincia, che nasconde mediocrità e squallore dietro un perbenismo di facciata.
Sara, Carlo, Domenico, bambini poco amati o rifiutati, intervengono nella storia con una capacità di accoglienza, che a tanti adulti resta sconosciuta.

Il piccolo Domenico, che per la madre è solo “un inutile fardello”, per Sara e Carlo è semplicemente un fratello.
“…Sara e Carlo amavano quel fratellino, lo coccolavano in tutti i modi, facendolo giocare, portandolo in giro, dandogli da mangiare e raccontandogli delle storie per farlo addormentare…”

Qui con evidenza appare una frattura insanabile, che separa il mondo dei bambini da quello degli adulti.

Piccoli e grandi sono corpi tristemente separati, che non possono comunicare, perché s’ispirano a codici discordanti.
I bambini ascoltano con naturalezza la voce, che viene da dentro, mentre gli adulti, incapaci di coglierla, si lasciano catturare dal coro monotono di voci esterne.
Le sequenze più intense del racconto sono proprio quelle che vedono la partecipazione dei bambini, ma la scrittrice sfugge al rischio del sentimentalismo.

La Ferlisi, per tutta la narrazione, resta fedele a un atteggiamento misurato e distaccato, escludendo ogni giudizio morale.

L’autrice si confronta con il passato, rendendolo accessibile ai giovani di oggi.
Le nuove generazioni potrebbero non sapere, non capire che tante libertà, di cui godono, non sono sempre esistite.
Con un linguaggio limpido e del tutto privo di regionalismi racconta coraggiosamente la Sicilia di ieri, ponendosi in congiunzione tra presente e passato.
Le forme espressive sono uniformate alla contemporaneità, mentre personaggi e ambientazione sono ispirati alla tradizione.
Nel romanzo sentiamo sia l’eco non ancora spenta di storie, impresse nella memoria di una vita di provincia, e sia certe suggestioni della grande letteratura meridionale.
E’ l’esordiente, che intrattiene un dialogo con il passato.
Tuttavia nelle sue pagine non si percepisce la presunzione di emulare i grandi, ma piuttosto l’amore per quella cultura, di cui la scrittrice si è nutrita.
Maria Lucia Ferlisi, una siciliana che vive al Nord, ritorna alle origini con la mente e con lo spirito, confermando l’inscindibilità di un legame.
Gli autori isolani, o che appartengano al passato o che siano scrittori emergenti, non si distaccano mai totalmente dalle proprie radici.
Possono guardare al passato o al presente, possono sentirsi in sintonia o in conflitto, possono dare un’immagine vera o deformata, ma non recidono mai completamente il cordone ombelicale, che li lega alla Terra Madre.
E Maria Lucia Ferlisi con questo romanzo ha fatto ritorno nella sua Regione, lasciando i lettori di fronte a un affascinante quesito: “
Può esistere ancora una letteratura meridionale o, in senso esteso, una letteratura regionale?”.


Titolo: Un leggero caldo vento di scirocco
Autore: Maria Lucia Ferlisi
Edizione: Leucotea, 2016
link d’acquisto:


venerdì 8 settembre 2017

Un leggero caldo vento di scirocco alle Federiciane a Menfi

Carissimi lettori
Vi informo che a Menfi (AG) oggi e domani si svolgerà una bellissima manifestazione culturale con vari eventi e presentazione di libri.
Sarà presente anche la mia casa editrice: LEUCOTEA che presenterà i suoi autori,e naturalmente ci sarà anche il mio libro, ambientato proprio in Sicilia.


http://www.agrigentonotizie.it/eventi/menfi-a-settembre-si-terranno-le-federiciane-2-settembre-2017.html

giovedì 29 giugno 2017

Donna Siciliana


Salve amici ed amiche del blog
oggi vi riporto un'intervista, questa volta non sono io a porre le  domande, ma sono stata intervistata da un noto blog: Siciliani inside.

Donna siciliana e… “Un leggero caldo vento di scirocco”
Un’intervista a Maria Lucia Ferlisi, autrice siciliana, che ha scritto “Un leggero caldo vento di scirocco”. Un’opera ambientata nella Sicilia anni 30/40,  in cui i personaggi femminili, prepotentemente, hanno richiesto tutta l’attenzione della scrittrice.
Ci parli un po’ di lei..
Sono nata a Marsala, e emigrata nel mantovano nel lontano 1973. Lavoro presso il comune di Mantova, sposata, ho una figlia di 24 anni. Sono laureata in Scienze della Comunicazione, un’attenta osservatrice, amo guardare le persone, immaginare quali sono le loro vite, quali sentimenti provano o quali segreti nascondono dietro ai gesti quotidiani. Nutro diversi interessi, tra cui la pittura, l’uncinetto creativo e il giardinaggio. Pongo particolare attenzione alle problematiche dell’universo femminile e delle culture dei popoli. Per diversi anni ho svolto volontariato in un centro antiviolenza. Da alcuni anni scrivo racconti brevi e fiabe, ricevendo diversi riconoscimenti.  Ho un blog: La lettrice di carta, dove amo recensire libri  di esordienti e  di autori conosciuti. Ho scritto il mio primo libro: Un leggero caldo vento di scirocco per la casa editrice Leucotea.
Questo è il link in cui potete leggere l'intervista completa:

http://sicilianinside.altervista.org/donna235-2/#comment-3

giovedì 18 maggio 2017

Salone del libro a Torino sabato 20 ore 13,00 Ferlisi Maria Lucia L138 - Pad. 3

Buongiorno amici virtuali
oggi un po' di autopromozione, vi informo che sarò al Salone del Libro di Torino con due appuntamenti per la presentazione del mio romanzo: Un leggero caldo vento di scirocco, edito dalla Leucotea

Domani venerdì 19 alle 18.30 presso la Libreria Belgravia via Vicoforte 19/D.

Sabato 20 alle ore 13,00 sarò presso lo Stand  della Leucotea  L 138 padiglione 2.

Che dire la felicità è tanta, ma anche tanta emozione, finora ho solo presentato nelle librerie e nelle biblioteche, a Torino avrò un pubblico più grande, almeno spero,  e allora ..."speriamo che me la cavo"!











martedì 21 febbraio 2017

Un leggero caldo vento di scirocco

Ciao a tutti/e
Il 24 febbraio alle ore 18.00
 a Parma presso la libreria
Piccoli Labirinti, presenterò il mio libro:
Un leggero caldo vento di scirocco.

Chi abita nei paraggi è invitato a partecipare.
Maria Lucia

mercoledì 21 dicembre 2016

Ultimo consiglio di lettura

Carissimi lettori
dimenticavo, se volete potete anche regalare il mio libro!
Anche in formato Kindle ordinandolo su amazon, oppure presso la casa editrice Leucotea o la vostra libreria di fiducia.

Leucotea: http://www.edizionileucotea.it/it/home.php?s=0,1,2&pg=2&dfa=do25&diditem=2775

https://www.amazon.it/Un-leggero-caldo-vento-scirocco-ebook/dp/B01M1CLA9E/ref=tmm_kin_title_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=



lunedì 21 novembre 2016

Un leggero caldo vento di scirocco di Ferlisi Maria Lucia



Grazie ad Elvira Rossi per la recensione pubblicata sul sito di Cultura Al femminile.


Un leggero caldo vento di scirocco 

di Maria Lucia Ferlisi 

Attraverso una storia di donne c’introduce nella Sicilia degli anni Trenta.

Le prime battute del libro disegnano presto l’atmosfera, in cui il lettore sarà immerso, spingendo il suo sguardo all’interno di una casa della piccola nobiltà di provincia.

È significativo che la prima immagine sia quella di una donna, che sbircia dalle persiane socchiuse.

Ad appartenere alla donna sono gli interni della propria dimora.
Il mondo esterno, che è di proprietà esclusiva degli uomini, dalle donne può essere solo osservato da lontano, scrutato, spiato, chiacchierato, ma non vissuto con una partecipazione attiva.
Maria Lucia Ferlisi racconta la storia di un’epoca, prospettando la condizione femminile nei primi decenni del Novecento in Sicilia.
Tutti gli elementi della narrazione, personaggi e ambiente, assumono una forte caratterizzazione regionale.
E la scrittrice, pur scegliendo la forma del romanzo breve, non cede mai alla vaghezza e alla genericità, regalandoci una storia di costume.

Nell’epoca, a cui ci si riferisce, la Sicilia si presenta immobile e impenetrabile ai primi fermenti dei movimenti femministi, che incominciano a nascere altrove, nelle città del Nord Italia e più ancora in certi Paesi europei.

 La mentalità, che discrimina la donna, appare più resistente all’estremo Sud dell’Italia e in particolare nei piccoli centri che, isolati e privati di un confronto, restano fermi nella propria stagnazione.
Il culto della verginità femminile.
Il dovere di procreazione della donna.
Matrimoni riparatori o combinati dalle famiglie.
Differenza tra figli legittimi e “bastardi”.
Una morale femminile, rigida e severa e una morale maschile, estremamente permissiva.
Donne ritenute vecchie a trent’anni.
Donne, che passano dall’autorità paterna a quella del marito.
L’istruzione minima, garantita alle donne dei ceti abbienti e mai finalizzata allo svolgimento di un’attività fuori casa.
La morale ipocrita dell’apparire.
Un malinteso senso dell’onore e del disonore.

Sono tutti temi presenti nel romanzo della Ferlisi e indicativi di un dispotismo maschile, che pone la donna in una posizione di grave subalternità.


Sebbene gli indicatori temporali ci conducano agli anni Trenta, i personaggi rappresentati, per il modo di pensare e di agire, potrebbero essere collocati indifferentemente anche nell’Ottocento come negli anni Cinquanta.
La Sicilia, difatti, solo in tempi recenti si è libera dalle scorie di antichi preconcetti.
Del resto nel nostro Paese la soggezione delle donne non è stata solo consacrata da convinzioni intransigenti e retrive, ma per lungo tempo ha trovato anche il consenso di una dottrina giuridica lenta e ottusa.
Basti pensare che il delitto d’onore è stato cancellato solo nel 1981.
Nel romanzo ad avere un rilievo sono soprattutto i personaggi femminili che, pur subendo torti e umiliazioni, stentano a prendere coscienza del proprio stato.
La doppia morale, assimilata dalle donne, non risparmia i loro giudizi, inducendole a essere tolleranti nei confronti dell’uomo, a cui si perdonano infedeltà e soprusi.
Peraltro l’universo femminile tratteggiato dalla Ferlisi è diviso pesantemente dalle differenze sociali.
Se la donna è un oggetto, la donna ricca e di buona famiglia è un oggetto di valore e gode di un minimo di tutela.
La donna povera e di bassa condizione è una cosa di poco valore, che si compra facilmente.
Oggetto di scarto, che si può prendere e lasciare a proprio piacimento, si può usare e violentare senza scrupolo.

La donna povera è molto più debole, ricattabile e vulnerabile.

E qualora sia priva di una presenza maschile, che la protegga, è alla mercé di tutti e soprattutto del padrone,  come accade in questo romanzo ad Annina.

Che il padrone abusi della contadina o della serva è solo una naturale manifestazione di esuberanza virile, considerata con occhi indulgenti da entrambi i sessi.
In questo romanzo Consiglia e Annita appartengono a classi sociali molto distanti, una gode di notevole agiatezza e l’altra, povera e vedova, vive lavando e stirando panni nelle famiglie benestanti.
Le donne non hanno scoperto ancora la forza eversiva della solidarietà, indispensabile per smuovere privilegi e ingiustizie.

E appaiono vittime e complici nello stesso tempo.

Segmenti aggiuntivi di una geometria maschile, cementata dalla consuetudine.
Si muovono in un ambiente asfissiante e ostile, che sembra fissare ciascuno al proprio ruolo e alla propria condizione, non concedendo spazio ai sogni e alla loro realizzazione.

Le protagoniste di questo racconto sono prive di difesa e nella lotta quotidiana annaspano come guerrieri disarmati.


Se l’ignoranza rallenta la consapevolezza degli abusi, la povertà rende improbabile una reazione.
E l’inerzia, alla fine, favorisce le angherie degli oppositori, proiettando su di loro una luce opaca di legittimazione.
Le donne sono bloccate da un sistema cristallizzato di regole, dalle quali è difficile allontanarsi e le più povere hanno una difficoltà maggiore a sottrarsi all’impronta di una fatalità già scritta.

Il personaggio più dinamico, suscettibile di evoluzione, non a caso è Consiglia, più istruita e ricca.

Prima fragile, contraddittoria, poi combattiva, è l’unica donna, che saprà opporsi a un’esistenza grigia, anticipando un barlume di ribellione in una società restia al cambiamento.
Lei, che non esprimeva mai sentimenti né di comprensione né di pietà per le altre donne e ricorreva facilmente ai termini “buttana” e “bastardo”, con la stessa logica maschile, alla fine, e non a caso, dopo la morte del marito, saprà essere artefice della propria rinascita.
In una solitudine pensierosa esamina la propria vita.
Ripercorre con angoscia un passato triste  di prepotenze, sepolte nella memoria.
L’oltraggio più devastante le era stato inflitto dalla madre, che aveva deciso per lei, pregiudicando in maniera irrimediabile il suo futuro di donna.
La madre si era preoccupata unicamente di salvaguardare la reputazione della famiglia, sacrificando la figlia al senso dell’onore.
I sentimenti e la volontà di Consiglia erano stati trattati come dettagli irrilevanti, che non meritavano né attenzione né dubbi.
E, dopo molti anni, Consiglia matura una nuova coscienza e scopre di provare un risentimento profondo per la sopraffazione della madre.
Inoltre, per la prima volta, con un atteggiamento lucido e impietoso, riconosce anche i propri errori.
Questo percorso interiore, pur tormentato, la condurrà alla riappropriazione del proprio essere.
Da questa fase uscirà sollevata e rigenerata, sorprendendo tutti per la determinazione, con cui inseguirà un’esistenza rinnovata.

Il risveglio di Consiglia sarà accompagnato dalla disapprovazione generale, ma questa volta lei anteporrà a tutto la propria felicità e nel suo progetto di vita non ci sarà spazio per il  giudizio altrui.

Si libera dai vincoli familiari e sociali.
Il dissenso, anche quello dell’amata sorella, la lascia indifferente, non sente il bisogno di spiegarsi e non chiede di essere compresa
La donna con la sua voglia di riscatto compie un gesto di coraggio e di amore e si fa il regalo più desiderato, cercando di riprendersi quello che la vita le aveva negato.
Esprime la massima sfiducia nei confronti dell’ambiente, in cui vive, e lo scopre incompatibile con la propria realizzazione.
Desidera salvaguardare l’immunità conquistata e, per sfuggire all’oscurantismo, che come una malattia virulenta sembra aver contagiato uomini e cose, decide di lasciare definitivamente Marsala.

Non vuole perdere tempo, sente di recuperare il tempo perso e si prepara a partire, ma non sarà sola.

E in quella presenza straordinaria, che le sarà accanto, c’è la speranza di un nuovo futuro.
Due creature che si allontanano, mano nella mano, lasciandosi alle spalle ciascuna la propria infelicità.
“Lentamente si avviarono lungo la strada, un leggero caldo vento di scirocco accarezzava quei due corpi che lentamente rimpicciolivano alla fine della via, sempre di più fino a scomparire”.

Annita, un altro personaggio di rilievo, tende invece ad accettare supinamente gli eventi, e fino all’ultima pagina non riserverà molte sorprese al lettore.
Aderisce alla realtà e non osa insorgere.
In lei prevalgono l’assuefazione e la rassegnazione, caratteristiche tipiche dei vinti.
L’esistenza travagliata l’ha domata, rendendola arrendevole e fiaccando la fermezza del carattere.
Questa povera donna sprigiona la forza fisica nel lavoro.
Lava e strizza i panni delle signore e  passa  tante ore in piedi a stirare accuratamente capi fini di abbigliamento.
Deve manovrare con cautela il ferro, pieno di braci, sopra i tessuti delicati e teme di danneggiarli.
In questo caso non solo non guadagnerebbe nulla, ma dovrebbe risarcire il danno.
La vita dura ha strappato ad Annita la potenziale resistenza, offuscando pure la sua sensibilità.

Con perfetta simmetria, nelle parole e nei gesti della donna si ris
I suoi comportamenti stupiscono per l’asprezza.

In lei vive una concezione dualistica dello spirito materno.

Madre responsabile per i figli legittimi e madre disamorata per il figlio bastardo, come lei stessa lo definisce.

pecchia la morale schizofrenica di una società, che con cieca crudeltà incomincia a discriminare i bambini sin dalla nascita, per poi continuare a perseguitarli come diversi.
Annina sente ripugnanza per l’aborto e sceglie la vita per il figlio della vergogna.
È l’unico atto d’amore, che saprà compiere per l’innocente creatura.
Annina non dubita, non s’interroga, si abbandona all’esistenza, assecondando il proprio istinto, che si muove tra la ragione e il cuore, assopiti dall’estenuante lotta quotidiana.
La sua sensibilità a poco a poco è stata come prosciugata dal caldo vento di scirocco della sua Terra, fino a dissolversi nell’aria, tanto da lasciare solo tracce impercettibili.

In questa storia, come nella vita reale, le donne sembrano fatalmente destinate a dover fare i conti con i sentimenti negativi o positivi, legati alla procreazione.

Essere madre un dovere, un desiderio, una fatalità, una vergogna.
Maternità più o meno felice, maternità desiderata e negata, maternità nascosta: un evento sempre al centro della riflessione femminile.
Nessuna donna riesce totalmente a sfuggire, almeno sul piano delle emozioni e dell’immaginazione, all’idea di maternità, che segna l’appartenenza al genere.
E oggi l’evoluzione, che ha illuminato anche i paesini del Sud Italia, non ha ancora liberato totalmente le donne dal dovere di essere madre.
Il dovere di essere madre è profondamente diverso dal desiderio di essere madre.
Tale differenza può essere colta solo dall’animo femminile. E a tale proposito vengono in mente le parole di Virginia Woolf:
“Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini, o vivessero come gli uomini, o assumessero l’aspetto degli uomini”.

Un altro dato interessante: in questa vicenda le figure maschili, a parte i bambini, sono tutte negative.

Antonio Nicosia,  Giovanni “u professuri”, ovvero il marito di Caterina, Sergio Tributi l’anziano pittore.
Tutti galantuomini, rispettabili protagonisti di una vita di provincia, che nasconde mediocrità e squallore dietro un perbenismo di facciata.
Sara, Carlo, Domenico, bambini poco amati o rifiutati, intervengono nella storia con una capacità di accoglienza, che a tanti adulti resta sconosciuta.

Il piccolo Domenico, che per la madre è solo “un inutile fardello”, per Sara e Carlo è semplicemente un fratello.
“…Sara e Carlo amavano quel fratellino, lo coccolavano in tutti i modi, facendolo giocare, portandolo in giro, dandogli da mangiare e raccontandogli delle storie per farlo addormentare…”

Qui con evidenza appare una frattura insanabile, che separa il mondo dei bambini da quello degli adulti.

Piccoli e grandi sono corpi tristemente separati, che non possono comunicare, perché s’ispirano a codici discordanti.
I bambini ascoltano con naturalezza la voce, che viene da dentro, mentre gli adulti, incapaci di coglierla, si lasciano catturare dal coro monotono di voci esterne.
Le sequenze più intense del racconto sono proprio quelle che vedono la partecipazione dei bambini, ma la scrittrice sfugge al rischio del sentimentalismo.

La Ferlisi, per tutta la narrazione, resta fedele a un atteggiamento misurato e distaccato, escludendo ogni giudizio morale.

L’autrice si confronta con il passato, rendendolo accessibile ai giovani di oggi.
Le nuove generazioni potrebbero non sapere, non capire che tante libertà, di cui godono, non sono sempre esistite.
Con un linguaggio limpido e del tutto privo di regionalismi racconta coraggiosamente la Sicilia di ieri, ponendosi in congiunzione tra presente e passato.
Le forme espressive sono uniformate alla contemporaneità, mentre personaggi e ambientazione sono ispirati alla tradizione.
Nel romanzo sentiamo sia l’eco non ancora spenta di storie, impresse nella memoria di una vita di provincia, e sia certe suggestioni della grande letteratura meridionale.
E’ l’esordiente, che intrattiene un dialogo con il passato.
Tuttavia nelle sue pagine non si percepisce la presunzione di emulare i grandi, ma piuttosto l’amore per quella cultura, di cui la scrittrice si è nutrita.
Maria Lucia Ferlisi, una siciliana che vive al Nord, ritorna alle origini con la mente e con lo spirito, confermando l’inscindibilità di un legame.
Gli autori isolani, o che appartengano al passato o che siano scrittori emergenti, non si distaccano mai totalmente dalle proprie radici.
Possono guardare al passato o al presente, possono sentirsi in sintonia o in conflitto, possono dare un’immagine vera o deformata, ma non recidono mai completamente il cordone ombelicale, che li lega alla Terra Madre.
E Maria Lucia Ferlisi con questo romanzo ha fatto ritorno nella sua Regione, lasciando i lettori di fronte a un affascinante quesito: “
Può esistere ancora una letteratura meridionale o, in senso esteso, una letteratura regionale?”.


Titolo: Un leggero caldo vento di scirocco
Autore: Maria Lucia Ferlisi
Edizione: Leucotea, 2016
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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.