Vittoria Aganoor è nata a Padova il 26 maggio del 1855 e morì a Roma nel , il padre Edgar era un conte di origini armene per cui insieme con le sorelle ebbe una vita agiata. I suoi studi furono di formazione classica con il noto maestro giacomo Zanella e sotto la sua guida iniziò a comporre delle liriche e nel 1876 pubblica il suo primo saggio poetico.
Luna, i bei tempi andati
sempre mi stanno in cor
quando al tuo dolce albor
gli occhi volgea.
Laghi, montagne e prati
diffusi di seren
nel candido tuo sen
scorger credea.
Scorger credea la danza
d' alati abitator.
Oh come sogna il cor
quando è contento!
[p. XIV]
Triste, deserta stanza,
cupo cinereo mar
ora quel tuo m' appar
disco d' argento.
Ed or coi rai bagnati
di memore dolor,
Luna, il tuo mesto albor
seguo pel cielo. [1]
“Estremamente garbata e piacevole all'esterno, nascose sempre il suo carattere tormentato e depressivo, che trovava sfogo, invece, in alcune sue liriche in cui si parla di incomunicabilità, desiderio di morte e di potenza, desiderio di libertà dalle regole e costrizioni del vivere civile. Si occupò per lunghi anni della madre, cui era legata da un forte legame affettivo, e solo dopo la sua morte, nel 1899, cominciò a pensare ad un proprio percorso di vita autonomo.”
Anche Benedetto Croce ebbe parole lusinghiere per le poesie di Vittoria, peccato che il suo perfezionismo e la sua timidezza le impedirono di pubblicare tutte le sue opere, molte sono rimaste chiuse nei suoi quaderni e lette solo a pochi amici.
Orgoglio mio, dunque a sopir non vali
Questo che il cor tormenta
Pensier, cui serva io torno?
Dunque non sai più vincere?
Dunqe ogni possa è spenta?
E tanto forte io t' ho creduto un giorno!…
Un superbo mortal, che te non cura
Nè sa quanto m' ha offeso;
Ecco a chi ceder sai!
E soffri ch'ei mi soffochi
Sotto l' ingiusto peso
D'una pietà che non gli ho chiesta mai?
Nel 1901 si sposò a Napoli un deputato dalle origini nobili: guido Pompilj e con lui si trasferì a Perugia. La sua felicità e l’amore per il marito migliorarono il suo carattere e si rifletté anche nelle sue opere che diventarono meno malinconiche e il tema dell’incomunicabilità viene abbandonato.
Purtroppo la vita coniugale che la rende felice dura poco e nel 1910 si ammala di un tumore e durante un tentativo di operazione muore l’otto maggio, il giorno successivo, a poche ore dalla morte della moglie, il marito si toglie la vita con un colpo di pistola alla tempia.
Ecco l’elenco delle sue opere:
I cavalli di San Marco, Venezia, Stab. Tip. C. Ferrari, 1892.
A mio padre. Versi, Venezia, Stab. Tip. Lit. C. Ferrari, 1893.
Leggenda eterna, Milano, Treves, 1900.
Nuove liriche, Roma, Nuova Antologia, [1908].
Poesie complete, a cura e con introduzione di Luigi Grilli, Firenze, Successori Le Monnier, 1912; successiva edizione, premessavi una lettura tenuta dall'autrice al Collegio Romano, Firenze, F. Le Monnier, 1927.
Nuove liriche, a cura di John Butcher, Bologna, Nuova S1, 2007.
Lettere e carteggi:
Lettere a Domenico Gnoli, 1898-1901, per la prima volta edite a cura di Biagia Marniti, Caltanissetta, Roma, Sciascia, 1967.
Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), a cura di Adriana Chemello, Mirano, Eidos, 1996.
Lettere scelte di Vittoria Aganoor ad Antonio Fogazzaro, a cura di Brunone De Toffol, Mansue, Comune, Biblioteca comunale, 2002.
Aganoor, la brezza e il vento, corrispondenza di Vittoria Aganoor a Guido Pompilj, a cura di Lucia Ciani, Bologna, Nuova S1, 2004.
Vittoria Aganoor, Almerigo da Schio: lettere (1886-1909), a cura di Lucia Ciani, S.l., Ribis, 2005.
Notizie tratte da:
https://it.wikipedia.org/wiki/Vittoria_Aganoor
https://www.lib.uchicago.edu/efts/IWW/texts/htmlfiles/A0001-T003/
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