mercoledì 20 gennaio 2021

Arma Infero di Fabio Carta

 Arma Infero

di

Fabio Carta

recensione di 

 Maria Lucia Ferlisi

Muareb è un pianeta minore dove regna l'aridità e il plumbeo cielo grigio, arido di venti, di luce, di acqua, senza animali...solo vecchi deformi dalle radiazioni, quel piccolo atollo è un luogo saturo di cenere radioattiva.

In quelle strade grigie dove non distingui la terra dal cielo avanza un vecchio, che s'incammina verso il santuario di Lakon. Si è sottoposto a tutte le prove, le ha superate, nonostante l'età, ma ha ancora forza in quelle braccia che hanno superato lotte ben più ardue.

Viene deriso dalla guardie che lo controllano prima di prostrarsi ai piedi della grande mente che governa le stelle e ha bisogno di continuo informazioni, conoscenze ed esperienze che lui sa di avere. Karan si ferma e ascolta quella folla delirante stupito dalle parole e dalle promesse che vengono fatte a un popolo che ignora cosa sia veramente la connessione, Parlano di male che alberga nella dispersione  e che il bene si trova solo nella sincrasi cosmica. Parole a lui conosciute che il popolo accoglie con delirio da un oratore qualsiasi. Lui conosce il collegamento alla rete interstellare cognitiva, l'unica in grado di trasformarti in Metanomo. Sorride alle parole che quel messaggero rivolge ai barbari Gorg. Solo lui detiene la verità, insieme con lo sciamano di Gog: Lakon

Sente il bisogno di raccontare la sua storia a quella folla che cerca verità che nessuno di loro conosce.

Urla che lui ha conosciuto Lakon, erano amici. Tutti si zittiscono e adesso non deridono più quel vecchio vestito di stracci, quasi indegno di entrare nel santuario. Lo ascoltano in sacro silenzio.

Lui era un assistente maniscalco, un grande onore, visto che proveniva da una città dove tutti lo deridevano in quanto figlio illegittimo di una madre, troppo generosa con che i soldati e i mercanti. Inizia ad appassionarsi alla meccanica e costruisce auto spaziali le zodian, le sue preferite, in questo modo riesce ad entrare nella Falange e giura fedeltà  a Megaron e  Ekaton, diventando capo delle officine della cavalleria coloniale di Dragan che difendono il loro paese, sempre sotto attacco dagli alieni. 

Non è avido di sangue e ha rispetto per i prigionieri e quando Guderian, responsabile dell'ultima incursione e relativo bottino, vuole uccidere tutti i prigionieri per paura di un contatto cosmico, difende uno di questi, riferendo al maniscalco Ekaton che lui è stato in grado di disattivare Nexus, il collegamento alieno della loro autorità dominatrice. 

Lakon e Karan diventano amici e si ritroveranno a percorre le stesse strade. Karan gli è amico nonostante abbia un aspetto orribile, ma in lui ha intravisto i valori di cui si fa portatore soprattutto adesso che gli è stato conferito il ruolo di Maniscalco e non più solo un semplice assistente. 

In questo nuovo ruolo oltre a combattere e dirigere le guardie può muoversi e essere partecipe alla vita politica attiva della sua città. In uno di questi incontri conosce una donna nobile e elegante dagli occhi blu lucenti e il sorriso pudico più bello che abbia mai visto....

La scrittura di Fabio Carta si contraddistingue per l'elevata cultura che emerge capitolo dopo capitolo; avevo già recensito il romanzo Ambrose e avevo scritto:  

 La scrittura elegante, raffinata, forbita ed elevata di Fabio Carta inserisce l'autore in un livello alto dei romanzi di fantascienza, sono certa che rimarrà nel tempo la sua scrittura, che definirei anche visiva, riesce a far volare la fantasia del lettore grazie all'aspetto descrittivo che usa e a trasmettere un senso di realtà a questo cosmo fantascientifico che ci racconta.

La scrittura di Fabio Carta rimane sempre elegante, raffinata e colta. Il mondo fantascientifico che narra è descritto in modo dettagliato, curando ogni particolare, la fantasia del lettore è come se scorresse le immagini di un film e non di un libro, pagine e fotogrammi descrittivi si alternano in questo romanzo ben strutturato ed equilibrato.

 Una storia che ha il sapore epico e medioevale, dove i valori come la lealtà, l'onore, il rispetto, la dignità e la pietas sono sempre in primo piano. Una trama di un futuro apocalittico con uno sguardo ai valori del passato, una sinergia che piace e rende piacevole la lettura anche a chi come me non è un appassionato di fantascienza, ma l'autore sa dirigere la narrazione,  è un maestro in questo. 

Scheda libro

Autore: Fabio Carta

Titolo: Arma Infero: Il maestro di Forgia

Casa editrice: Inspired Digital Publishing Srl.

Pagine: 435

Per l'acquisto: <iframe style="width:120px;height:240px;" marginwidth="0" marginheight="0" scrolling="no" frameborder="0" src="https://rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?ref=qf_sp_asin_til&t=lalettridicar-21&m=amazon&o=29&p=8&l=as1&IS2=1&asins=B00XIX71Q2&linkId=375467f1ee8cf35b1c40ae7470b351ff&bc1=000000&amp;lt1=_blank&fc1=333333&lc1=0066c0&bg1=faf2fa&f=ifr"> </iframe>

Sinossi

Su Muareb, un remoto pianeta anticamente colonizzato dall’uomo, langue una civiltà che piange sulle ceneri e le macerie di un devastante conflitto. Tra le rovine v’è Karan, vecchio e malato, che narra in prima persona della sua gioventù, della sua amicizia con colui che fu condottiero, martire e spietato boia in quella guerra apocalittica. Costui è Lakon. Emerso misteriosamente da un passato mitico e distorto, piomba dal cielo, alieno ed estraneo, sulle terre della Falange, il brutale popolo che lo accoglie e che lo forgia prima come schiavo, poi servo e tecnico di guerra, ossia "Mastro di Forgia", ed infine guerriero, cavaliere di zodion, gli arcani veicoli viventi delle milizie coloniali. Ed è subito guerra, giacché l'ascesa di Lakon è il segno premonitore di quel grande conflitto i cui eventi lui è destinato a cavalcare, verso l'inevitabile distruzione che su tutto incombe.

venerdì 15 gennaio 2021

BANDO DI CONCORSO DELLA XV EDIZIONE DEL PREMIO DI NARRATIVA “ANNA VERTUA GENTILE”

 BANDO DI CONCORSO DELLA XV EDIZIONE DEL PREMIO DI NARRATIVA 

“ANNA VERTUA GENTILE” 

Direttore Artistico Gianluigi Berselli 

La Civica Biblioteca “Popolare – L.Ricca” indice la quindicesima edizione 

del concorso letterario intitolato alla scrittrice Anna Vertua Gentile (1845 – 1926) 



REGOLAMENTO 

1. Al concorso, gratuito ed aperto a tutti, si partecipa con opere di narrativa a tema libero inedite, non pubblicate in alcuna forma neppure sul web in modalità protetta da copyright e non presentate, neppure in parte, in precedenti edizioni del concorso. I racconti premiati potranno essere pubblicati a cura dell’autore solo decorso un mese dalla data della premiazione.

 2. La partecipazione può avvenire a titolo individuale, per gruppo o per classe con un’unica opera.

 3. Non saranno accettate opere diverse dal testo narrativo. 

4. I migliori racconti, individuati secondo la valutazione di una giuria qualificata composta da esponenti del mondo della scuola e della cultura locale, saranno premiati in una cerimonia pubblica prevista entro il mese di giugno 2021. I vincitori potranno ritirare il premio personalmente ovvero delegare altri a questo scopo. 

5. Sarà fatta una menzione speciale ad uno tra i racconti presentati che si distinguerà nell’ambito del tema sulle Pari Opportunità.

6. I premi consisteranno in buoni acquisto libri da utilizzarsi entro il termine del 31 dicembre 2021, nonché targhe ricordo. I premi decadranno automaticamente in caso venga verificato il mancato rispetto dell’articolo 1. 

7. Tutti i lavori inviati rimarranno di proprietà del Comune di Codogno, che potrà riprodurli e riutilizzarli in propri atti, documenti, edizioni ovvero materiali pubblicitari senza alcun preavviso, salvo citazione dell’autore. L’organizzazione si riserva il diritto di pubblicare in un’antologia le opere pervenute. 

8. La graduatoria finale verrà pubblicata sul sito internet ufficiale www.comune.codogno.lo.it e rimarrà visibile per un mese a partire dal giorno successivo alla premiazione. 

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE L’opera andrà presentata secondo le caratteristiche di impaginazione di seguito descritte, a pena di esclusione automatica senza preavviso all’autore. Il testo dovrà essere presentato in formato elettronico, con il titolo in carattere maiuscolo, e non dovrà superare le 5 cartelle (per cartella si intende foglio formato A4). Ciascuna cartella dovrà essere redatta con le seguenti caratteristiche di stampa: margini superiore ed inferiore: cm 2,5 margini destro e sinistro: cm 2,0 interlinea: 1 tipo carattere: solo ed esclusivamente Times New Roman; dimensione carattere: 12 pt. Sul file non dovrà essere indicato né l’autore né alcun altro segno identificativo. Lo stesso testo non potrà contenere esplicite allusioni che rendano evidente chi ne sia l’autore né dediche sotto qualsiasi forma, a pena di esclusione. 

Il lavoro dovrà pervenire alla Segreteria del Concorso – entro e non oltre la data del 22 febbraio 2021 (la data di scadenza è tassativa) alla posta certificata comunale (protocollo@pec.comune.codogno.lo.it). 

L’invio mediante posta elettronica "ordinaria" e non PEC non garantisce all'utente l'avvenuta consegna, pertanto il Comune di Codogno declina sin d’ora ogni responsabilità in merito. Il file allegato dovrà essere inviato sia in formato PDF che Word (servono per preparare l’antologia dei vincitori), e di una dimensione complessivamente non superiore a 3 Mbytes. L’opera dovrà essere accompagnata dalla scheda di iscrizione allegata al presente bando, compilata in ogni sua parte e firmata, nonché da copia del documento di identità. Non potranno essere accettate iscrizioni qualora la scheda manchi della compilazione in qualche sua parte fondamentale per l’individuazione del partecipante, della firma, ovvero non sia accompagnata da un documento di identità. Per i minori di anni 18 la scheda dovrà essere controfirmata anche da un genitore o da chi ne faccia le veci; per i gruppi classe è necessaria la firma dell’insegnante: anche in questi casi va allegata copia del documento di chi firma l’iscrizione. L’opera che non sia accompagnata dalla scheda di iscrizione non potrà essere accettata. L’Assessore alla Cultura 

mercoledì 13 gennaio 2021

Voci del verbo andare di Jenny Erpenbeck

 

Voci del verbo andare

di

Jenny Erpenbeck

Recensione di

Maria Lucia Ferlisi


Berlino 2013

Richard è un anziano vedovo in pensione, ha dedicato la sua vita agli studi di filologia classica e si ritrova da solo ad affrontare una vita scandita da poche relazioni,  pochi gesti, ammira il lago, parla con il vicino di casa, fa la spesa.

Per caso, durante una passeggiata, assiste a una manifestazione di richiedenti asilo. Si ferma ad ascoltarli e s'insidia nella sua mente un'irragionevole bisogno di conoscere chi sono e perché manifestano. S'inventa una ricerca e in qualità di professore emerito ottiene il permesso di entrare in quel campo. 

Sono 400 stranieri arrivati nel 2013 da Lampedusa, quasi tutti nigeriani e ghanesi. Inizia la loro conoscenza con domande semplici e si meraviglia di non conoscere le capitali dei vari territori africani. Ignorava quanto fossero vasti questi luoghi pensati e immaginati come deserti. 

Scopre chi sono queste persone, come vivono, chi erano i loro genitori, come sono arrivati fino in Germania. Sono chiusi in quel campo in attesa di sapere la loro sorte, dove verranno inviati, al momento si accontentano di avere da mangiare e da dormire. In questa lunga attesa, passata senza fare nulla, in stanze vuote, dove a malapena c'è una brandina per dormire, chiedono di ottenere almeno il permesso per apprendere la lingua tedesca.

Ogni giorno Richard va da loro per ascoltarli e loro narrano le loro vite con dignità, narrano dei genitori morti nei vari conflitti in cui sono dilaniate le loro terre. Parlano delle botte ricevute, dei loro cammini che durano settimane intere. Rufu, Osarobo, Karon, Rashid, Moussa, .... non sono più dei migranti ma persone che hanno dei sogni e cercano un futuro. 

Una storia vecchia che si rinnova sempre, siamo stati tutti migranti, ma oggi guardiamo con diffidenza questi volti che sembrano tutti uguali,  ci alziamo dal posto in metropolitana se si siedono vicino a noi, ne sentiamo la puzza, osserviamo che possiedono un cellulare, ma ad ogni giudizio c'è una spiegazione e Richard  conosce le risposte adesso. 

Oggi non vogliamo sapere, ci limitiamo a disprezzare e allontanare. eppure basterebbe poco: ascoltare le loro storie.

L'autrice Jenny Erpenbeck con questo romanzo ci pone di fronte al solito quesito di fronte alla emigrazione, Chi è l'altro? Chi è questo sconosciuto che è arrivato pieno di sudore e con le scarpe rotte, ma oggi non interessa, nemmeno nella moderna Berlino.

 La parola straniero è sinonimo di ladro, di usurpatore, di nemico, nessuno si chiede chi è lo straniero. L'autrice tedesca si ferma e ci mette di fronte alle loro vite, alle loro scelte, non sempre volute, ci mostra il loro passato e i loro sogni. Sono uomini che vivono come in un'altra dimensione, quasi surreale, vengono nutriti quando loro vorrebbero solo essere accolti come nel ventre di una madre da una nazione che dia loro dignità attraverso il lavoro. 

Sono uomini sospesi, in questa realtà di odio verso il nemico. Sono uomini che attendono per giorni e per mesi delle risposte che non arrivano, eppure è semplice, desiderano un lavoro, per restituire loro la realtà per farli scendere da quello spazio e fargli toccare con i piedi la terra in cui adesso non sono nulla, non hanno nome, non hanno carta d'identità, non hanno parenti. Un gesto semplice ma inascoltato.

Un romanzo che non è un romanzo, ma un saggio sui migranti, una denuncia sociale.

 Jenny Erpenbeck lancia un urlo contro la società e la mette di fronte alla realtà. Io ho visto, vi ho mostrato chi sono, adesso tocca voi componenti di questa società essere come Richard e imparare a guardare con occhi diversi lo straniero e iniziare ad ascoltare il migrante con spirito d'accoglienza.

Scheda Libro

Autore: Jenny Erpenbeck 

Titolo: Voce del verbo andare

Casa Editrice: Sellerio

Pagine: 349

Link per l'acquisto:

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Sinossi

Richard è un filologo classico in pensione, quasi per caso entra in contatto con un gruppo di africani alloggiati in un campo profughi di Berlino. È un uomo solo, vedovo e senza figli, e ha molto tempo a disposizione; in quel luogo si scoprirà capace di ascoltare le vite degli altri, le peripezie e le vicissitudini di chi viene dal Ghana, dal Ciad, dalla Nigeria, storie di lutto, fame, guerra, coraggio e difficoltà. Nel dialogo con gli esuli Richard scorge un’umanità a tratti capace di essere innocente e integra. La sua cultura classica funge da elemento rivelatore, lo aiuta a immergersi in un mondo e in una diversa visione del mondo, a confrontare valori a volte contrapposti. L’antichità e la modernità, l’universalismo e l’interesse individuale, il difficile bilanciamento tra gli ideali e la sopravvivenza.
Gli uomini a cui pone le sue domande sono riusciti ad arrivare a Berlino nell’autunno del 2013, dopo essere sbarcati a Lampedusa. Sono quattrocento stranieri in terra straniera, e tutto per loro è diverso, difficile, alieno. Prima si accampano in una piazza del quartiere Kreuzberg per chiedere aiuto e lavoro, ma la polizia non perde tempo, li sgombera e li ricovera nella zona orientale della capitale. Vitto e alloggio, una prima conquista, e poi un corso per apprendere la nuova lingua. Ma per loro, come per quasi tutti quelli che sono scappati dai paesi di origine per approdare in Europa in cerca di un rifugio e di una casa, la normalità è una conquista difficile. Prima di tornare a vivere si annuncia un’attesa di anni.
Jenny Erpenbeck, tra le più interessanti e innovative scrittrici tedesche contemporanee, non teme l’ambizione dell’analisi politica, della denuncia sociale, e riflette con un romanzo completamente immerso nel presente, quasi al limite della cronaca, del reportage letterario, sui contrasti paradossali della nostra epoca, l’opposizione tra ricchezza e indigenza, libertà e asservimento, tra la cancellazione delle culture e il disegno di una nuova identità.

Premi

Premio Strega Europeo 2017;

Libro d’Oro dell’anno

Premio Internazionale di letteratura Città di Como 2017

Autore

Jenny Erpenbeck è nata a Berlino Est nel 1967 da padre di origini russe e madre polacca. Il suo esordio letterario, Storia della bambina che volle fermare il tempo (1999, Zandonai 2013) l’ha consacrata come astro nascente della letteratura tedesca contemporanea. Con E non è subito sera (2012) ha vinto il prestigioso Hans Fallada Prize. Con questa casa editrice ha pubblicato Voci del verbo andare (2016), finalista al Deutscher Buchpreis, tra i libri più venduti nella classifica dello «Spiegel», Premio Strega Europeo 2017, Libro d’Oro dell’anno - Premio Internazionale di letteratura Città di Como 2017, Di passaggio (2019) e Storia della bambina che volle fermare il tempo (2020).

sabato 9 gennaio 2021

Ninfa Dormiente di Ilaria Tuti

Ninfa Dormiente
di 
Ilaria Tuti
recensione di 
Maria Lucia Ferlisi


 Al commissario  Teresa Battaglia  è stato affidato un’indagine importante e al tempo stesso misteriosa, con lei c’è  l’ispettore Massimo Marini, coppia ormai consolidata ed esperta.

Devono capire se dietro a un quadro, ritrovato misteriosamente dopo 70 anni,  di un pittore famoso: Alessio Marian, si è compiuto un omicidio efferato.

 Il quadro è di rara bellezza, raffigura il viso di una donna i cui tratti ammaliano chi lo guarda, è stato dipinto usando il colore rosso, ma non usando una matita, la tempera o il  gessetto, no, è stato usato sangue, sangue umano di un cuore umano, e le dita,  usate per definire i tratti di quel viso, sono state  intinte nel sangue, ancora caldo, del cuore  di una  donna.


Teresa Battaglia deve risolvere due enigmi, chi è la vittima e chi è l’assassino.

 Il caso è stato affidato a lei in quanto la più esperta nella sezione omicidi. Lei deve affidarsi all’intuizione, perché la sua mente si sta lentamente sgretolando, dimentica le parole, a volte è confusa, il diabete e l’alzheimer precoce la consumano, sa che questo potrebbe essere il suo ultimo caso ma deve aiutare la vittima, quella donna sconosciuta che l’osserva muta, chiede giustizia e lei non può esimersi dal portare alla soluzione la richiesta della vittima. Teresa  ha sempre un diario in cui annota minuziosamente tutto, per non dimenticare. Sa che la sua squadra l’aiuta ed è solidale con lei anche se ha un brutto carattere, sgraziato come il suo corpo, ma è sincera e diretta.


 Le indagini iniziano,  subito scopre l’autore del dipinto, ritenuto dalla stampa il colpevole di questo strano omicidio, lui non si difende,  non parla dal 20 aprile del 1945,e  nessuno ne conosce il motivo nemmeno il nipote che lo cura con tenerezza. Le indagini  conducono il commissario  prima nel bosco dove il fatto è accaduto e poi in Val di Resia, una piccola comunità slava, chiusa e omertosa, attaccata alle radici e alle antiche tradizioni. Scopre  il nome della donna , le indagini adesso possono correre più velocemente per arrivare alla verità e dare pace al pittore e a quella donna bella e misteriosa. Si aggiungono altri omicidi per coprire un segreto che grava su quella piccola comunità che vive di vita propria, il resto tocca a voi lettore scoprirlo.

 Ilaria Tuti è un’abile tessitrice di storie, il suo è un lavoro magistrale che conduce il lettore nei meandri più difficili dell’essere umano la contrapposizione tra bene e male. Il lettore s’incammina tra boschi e sentieri impervi e nascosti, continua il percorso con accanto il commissario e l’ispettore e s’immergono un una comunità divisa tra sciamanesimo e riti satanici. La verità fatica a venire a galla, ma permette di scavare negli animi dei personaggi,  anche dello stesso ispettore Marini e di Teresa questa investigatrice che amerete per la ruvidezza, per i suoi malesseri, perché la sentite vera e vicina al mondo reale. 

Dietro al romanzo c'è un grande lavoro storico, la seconda guerra mondiale, i luoghi della Val di Resia, le loro tradizioni, nulla è lasciato al caso e il lettore lo percepisce, sa che ciò che è descritto è stato reale e la trama s'inserisce così bene nel contesto narrativo che tutto sembra reale e realmente accaduto.

 Ilaria Tuti scrive bene con un linguaggio immediato, scorrevole e forbito,  ha la capacità di descrivere i personaggi alla perfezione, le ambientazioni  precise. Il ritmo regge fino all'ultima riga con quella giusta calma che ti fa apprezzare non solo il lato investigativo della trama, ma tutto ciò che lo circonda. L’autrice  lavora ad ampio raggio per creare uno stile personale, ritmo, linguaggio,  personaggi, ambiente, usanze,  tradizioni, il bene, il male, il tutto servito al lettore come un ottimo cocktail da gustare in tranquillità seduti sul divano con una bella copertina vista la stagione.

Buona lettura amici e amiche del blog.

 Scheda Libro

Autore: Ilaria Tuti

Titolo: Ninfa dormiente

Casa Editrice: Longanesi

Pagine: 478

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Sinossi

“Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d'improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l'inferno, ogni giorno l'inferno mi abita e mi divora. Perché c'è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l'ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa”.


PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE «DONNA» XXXVI Edizione

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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.