Voci del verbo andare di Jenny Erpenbeck

 

Voci del verbo andare

di

Jenny Erpenbeck

Recensione di

Maria Lucia Ferlisi


Berlino 2013

Richard è un anziano vedovo in pensione, ha dedicato la sua vita agli studi di filologia classica e si ritrova da solo ad affrontare una vita scandita da poche relazioni,  pochi gesti, ammira il lago, parla con il vicino di casa, fa la spesa.

Per caso, durante una passeggiata, assiste a una manifestazione di richiedenti asilo. Si ferma ad ascoltarli e s'insidia nella sua mente un'irragionevole bisogno di conoscere chi sono e perché manifestano. S'inventa una ricerca e in qualità di professore emerito ottiene il permesso di entrare in quel campo. 

Sono 400 stranieri arrivati nel 2013 da Lampedusa, quasi tutti nigeriani e ghanesi. Inizia la loro conoscenza con domande semplici e si meraviglia di non conoscere le capitali dei vari territori africani. Ignorava quanto fossero vasti questi luoghi pensati e immaginati come deserti. 

Scopre chi sono queste persone, come vivono, chi erano i loro genitori, come sono arrivati fino in Germania. Sono chiusi in quel campo in attesa di sapere la loro sorte, dove verranno inviati, al momento si accontentano di avere da mangiare e da dormire. In questa lunga attesa, passata senza fare nulla, in stanze vuote, dove a malapena c'è una brandina per dormire, chiedono di ottenere almeno il permesso per apprendere la lingua tedesca.

Ogni giorno Richard va da loro per ascoltarli e loro narrano le loro vite con dignità, narrano dei genitori morti nei vari conflitti in cui sono dilaniate le loro terre. Parlano delle botte ricevute, dei loro cammini che durano settimane intere. Rufu, Osarobo, Karon, Rashid, Moussa, .... non sono più dei migranti ma persone che hanno dei sogni e cercano un futuro. 

Una storia vecchia che si rinnova sempre, siamo stati tutti migranti, ma oggi guardiamo con diffidenza questi volti che sembrano tutti uguali,  ci alziamo dal posto in metropolitana se si siedono vicino a noi, ne sentiamo la puzza, osserviamo che possiedono un cellulare, ma ad ogni giudizio c'è una spiegazione e Richard  conosce le risposte adesso. 

Oggi non vogliamo sapere, ci limitiamo a disprezzare e allontanare. eppure basterebbe poco: ascoltare le loro storie.

L'autrice Jenny Erpenbeck con questo romanzo ci pone di fronte al solito quesito di fronte alla emigrazione, Chi è l'altro? Chi è questo sconosciuto che è arrivato pieno di sudore e con le scarpe rotte, ma oggi non interessa, nemmeno nella moderna Berlino.

 La parola straniero è sinonimo di ladro, di usurpatore, di nemico, nessuno si chiede chi è lo straniero. L'autrice tedesca si ferma e ci mette di fronte alle loro vite, alle loro scelte, non sempre volute, ci mostra il loro passato e i loro sogni. Sono uomini che vivono come in un'altra dimensione, quasi surreale, vengono nutriti quando loro vorrebbero solo essere accolti come nel ventre di una madre da una nazione che dia loro dignità attraverso il lavoro. 

Sono uomini sospesi, in questa realtà di odio verso il nemico. Sono uomini che attendono per giorni e per mesi delle risposte che non arrivano, eppure è semplice, desiderano un lavoro, per restituire loro la realtà per farli scendere da quello spazio e fargli toccare con i piedi la terra in cui adesso non sono nulla, non hanno nome, non hanno carta d'identità, non hanno parenti. Un gesto semplice ma inascoltato.

Un romanzo che non è un romanzo, ma un saggio sui migranti, una denuncia sociale.

 Jenny Erpenbeck lancia un urlo contro la società e la mette di fronte alla realtà. Io ho visto, vi ho mostrato chi sono, adesso tocca voi componenti di questa società essere come Richard e imparare a guardare con occhi diversi lo straniero e iniziare ad ascoltare il migrante con spirito d'accoglienza.

Scheda Libro

Autore: Jenny Erpenbeck 

Titolo: Voce del verbo andare

Casa Editrice: Sellerio

Pagine: 349

Link per l'acquisto:

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Sinossi

Richard è un filologo classico in pensione, quasi per caso entra in contatto con un gruppo di africani alloggiati in un campo profughi di Berlino. È un uomo solo, vedovo e senza figli, e ha molto tempo a disposizione; in quel luogo si scoprirà capace di ascoltare le vite degli altri, le peripezie e le vicissitudini di chi viene dal Ghana, dal Ciad, dalla Nigeria, storie di lutto, fame, guerra, coraggio e difficoltà. Nel dialogo con gli esuli Richard scorge un’umanità a tratti capace di essere innocente e integra. La sua cultura classica funge da elemento rivelatore, lo aiuta a immergersi in un mondo e in una diversa visione del mondo, a confrontare valori a volte contrapposti. L’antichità e la modernità, l’universalismo e l’interesse individuale, il difficile bilanciamento tra gli ideali e la sopravvivenza.
Gli uomini a cui pone le sue domande sono riusciti ad arrivare a Berlino nell’autunno del 2013, dopo essere sbarcati a Lampedusa. Sono quattrocento stranieri in terra straniera, e tutto per loro è diverso, difficile, alieno. Prima si accampano in una piazza del quartiere Kreuzberg per chiedere aiuto e lavoro, ma la polizia non perde tempo, li sgombera e li ricovera nella zona orientale della capitale. Vitto e alloggio, una prima conquista, e poi un corso per apprendere la nuova lingua. Ma per loro, come per quasi tutti quelli che sono scappati dai paesi di origine per approdare in Europa in cerca di un rifugio e di una casa, la normalità è una conquista difficile. Prima di tornare a vivere si annuncia un’attesa di anni.
Jenny Erpenbeck, tra le più interessanti e innovative scrittrici tedesche contemporanee, non teme l’ambizione dell’analisi politica, della denuncia sociale, e riflette con un romanzo completamente immerso nel presente, quasi al limite della cronaca, del reportage letterario, sui contrasti paradossali della nostra epoca, l’opposizione tra ricchezza e indigenza, libertà e asservimento, tra la cancellazione delle culture e il disegno di una nuova identità.

Premi

Premio Strega Europeo 2017;

Libro d’Oro dell’anno

Premio Internazionale di letteratura Città di Como 2017

Autore

Jenny Erpenbeck è nata a Berlino Est nel 1967 da padre di origini russe e madre polacca. Il suo esordio letterario, Storia della bambina che volle fermare il tempo (1999, Zandonai 2013) l’ha consacrata come astro nascente della letteratura tedesca contemporanea. Con E non è subito sera (2012) ha vinto il prestigioso Hans Fallada Prize. Con questa casa editrice ha pubblicato Voci del verbo andare (2016), finalista al Deutscher Buchpreis, tra i libri più venduti nella classifica dello «Spiegel», Premio Strega Europeo 2017, Libro d’Oro dell’anno - Premio Internazionale di letteratura Città di Como 2017, Di passaggio (2019) e Storia della bambina che volle fermare il tempo (2020).

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