lunedì 27 gennaio 2020

Auschwitz

Alcuni anni fa sono andata a visitare il campo di concentramento di Auschwitz.
Quando varchi i cancelli senti i brividi che ti percorrono la schiena, con quella scritta: "Il lavoro rende liberi".... liberi di morire. Ho percorso le strade che portano ai campi, ai forni crematori, in completo silenzio, come un silente omaggio a tutte le vittime che hanno perso la vita in questo luogo macabro. In alcuni angoli si erano formati gruppi di preghiera autonomi, mi sono aggregata ed ho pregato con loro, non ho capito la loro lingua, ma sentivo il bisogno di farlo. Ciò che mi ha sconvolto di più in questa visita di memoria, non sono stati i forni crematori ne le migliaia di foto appese lungo i corridoi, ma le enormi vetrine dove erano esposti gli oggetti personali di tutte le persone che sono state trucidate all'interno del campo.
La teca delle valigie, di tutte le dimensioni grandi e piccole, con i loro nomi scritti su un pezzo di cartone e incollati sopra, la grande vetrina con tutti gli oggetti da barba, quella con gli occhiali, un'altra con le scarpe, quella con tutti i pettini e infine quella con tutti i capelli tagliati ai detenuti del campo. Sono rimasta in quella enorme stanza per molto tempo, ho cercato di leggere tutti i nomi incollati nelle valigie di cartone, ho guardato infine tutti i capelli, trecce lunghe che erano appartenute a donne, ma vi erano anche piccole treccine di bambine. Tutta la quotidianità dei prigionieri che erano passati per quei campi, era racchiusa in quelle vetrine, la loro vita, parte di se stessi di cui venivano spogliati.
Quanta tristezza, quanto dolore.
La banalità del male, come ha scritto sapientemente Anna Arendt nel suo saggio filosofico, è racchiusa tutta in quei campi e noi abbiamo il triste compito di ricordarlo sempre affinchè la storia non si ripeta.
Qualche giorno dopo a casa ho scritto queste brevi righe. Non ho scattato foto mi sembrava di violare quelle anime.
(Le foto le ho prese dal web)

Auschwitz
Una piccola valigia di cartone marrone, logora, incollato, in fondo sul lato destro, un pezzo di carta ingiallito, con scritto a mano, in bella grafia, con inchiostro nero, nome, cognome ed anno di nascita: Helen Berger 1937.

Cerco di immaginarti Helen, bambina dalle trecce scure, dagli occhi castani e le efelidi sul naso. Giochi nel cortile della tua casa con la corda. Dalla finestra la tua mamma ti guarda e ti saluta con un cenno di mano. Ricambi il saluto con un sorriso e continui a saltellare felice.
Spensierata nella tua ignara infanzia.
Indossi una gonna grigia a pieghe che svolazza ad ogni saltello, una camicia bianca ed una giacca di lana cotta grigia bordata di nero. Sul petto la tua mamma ti ha cucito una stella a cinque punte, ne sei orgogliosa, ti fa sentire grande , tutti la indossano, anche te.

Qualcuno ha rubato la tua fanciullezza. Non diventerai una bella signorina che si affaccia sorridente alla finestra per salutare il fidanzato. Non indosserai il velo da sposa. Non urlerai dal dolore partorendo tuo figlio.

Sei  una valigia con un nome.
Sei una treccia tagliata in mezzo a tante.
Sei un vestito raccolto e buttato nel mucchio.

Sei  cenere al vento.



FLM

domenica 26 gennaio 2020

La lunga strada verso te di Francesca A. Vanni

La lunga strada verso te 
di
 Francesca A. Vanni

TITOLO: La lunga strada verso te
AUTORE: Francesca A. Vanni
GENERE: Romanzo
CASA EDITRICE: Streetlib Selfpublishing

TRAMA
Innsbruck, 1938.
Sullo sfondo politico dell’Anschluss, nel cuore di un’Austria destinata ad essere annessa alla Germania nazista le vite di due uomini, Benjamin Rosenthal e Frederik Van Horne, ebreo il primo e dissidente politico il secondo, sono destinate a cambiare per sempre.
La guerra travolgerà entrambi, separandoli crudelmente l’uno dall’altro.
Benjamin sarà infatti catturato dai soldati tedeschi e deportato a Dachau, il primo campo di concentramento progettato e costruito dal regime di Hitler, mentre Frederik dovrà fuggire e lottare coraggiosamente per cambiare le sorti del conflitto più atroce della Storia.
Come finirà?
Cos’avrà in serbo il destino per Benjamin e Frederik?
Riusciranno a sopravvivere e ritrovarsi?

ESTRATTO
Innsbruck, 1938.

Il fiume si tinse di rosso.
Accadde all’improvviso, perché certe catastrofi avvengono sempre senza annunciarsi.
Le acque dell’Inn assunsero repentinamente il colore cupo del sangue.
Attorno a Benjamin non c’era più niente e nessuno.
C’era solo del filo spinato, fango umido sotto i suoi piedi e il fiume tinto di rosso alle sue spalle.
Faceva freddo, un freddo mortale.
Sopra la sua testa il cielo aveva assunto lo stesso lattiginoso colore di quando iniziava a nevicare ma Benjamin si accorse con orrore che da quelle nuvole non cadeva neve, bensì cenere.
-Ben...- mormorò in quel momento una voce familiare, riportandolo alla realtà –puoi muoverti, Kurt ha finito di scattare la fotografia.-
Benjamin si riscosse da quell’orribile visione, scaturita da chissà quale angolo remoto della sua mente.
Guardò per un momento il giardiniere che aveva scattato la fotografia allontanarsi e poi volse lo sguardo, di un verde screziato d’oro e marrone come il bosco in autunno, verso l’Inn che scorreva lento e placido alle sue spalle.
Le sue acque non erano tinte di rosso ma erano del solito meraviglioso colore azzurro cristallino, esattamente come gli occhi di Frederik che lo scrutavano indagatori donando al suo bel viso un’espressione preoccupata.
Benjamin sorrise per rassicurarlo.
-Scusami, per un attimo ho avuto l’impressione di trovarmi in un altro tempo e in un altro luogo, chissà per quale strano motivo.- disse –Lascia perdere, in ogni caso non era niente di importante.-
-Sei sicuro?-
-Sì.-
-Vuoi parlarne?-
-No, non preoccuparti. Non è niente di grave, solo una sciocchezza partorita dalla mia mente.-
Frederik gli scompigliò affettuosamente i corti capelli, biondi come il grano maturo.
-A volte pensi troppo, lo sai?- lo rimproverò bonariamente.
-Tu dici?-

DOVE TROVARLO (NEGOZI PRINCIPALI)
-StreetLib Stores
-Kobo Store
-IBS
-Amazon
E tanti altri negozi!

L’AUTORE
Francesca A. Vanni è lo pseudonimo di Marta B. nata in provincia di Milano nel 1984.
Laureata in Scienze della Formazione ha impiegato gran parte del suo tempo nello studio della Storia, in particolar modo quella relativa all’antica Roma, e della Cinematografia soprattutto nell’ambito della fantascienza.
A una delle sue più grandi passioni, la saga di Star Wars, ha dedicato la Tesi di Laurea Triennale “Dal cinema alla realtà: l’inarrestabile evoluzione della tecnologia nella saga di Star Wars.” (anno 2006).
All’attività della scrittura affianca anche quella delle traduzioni.

CONTATTI

venerdì 24 gennaio 2020

È solo amore di Artemide Waleys

È solo amore
 di 
Artemide Waleys

SCHEDA LIBRO
Autore: Artemide Waleys
Titolo: È solo amore
Pagine: 57

SINOSSI
Arrivato a quarant’anni il professor Cole Davis ha una vita e un matrimonio perfetti...
Almeno all’apparenza, perché da quando il suo nuovo assistente Nate è entrato nella sua vita tutte le sue certezze sono state minate.
Chi scegliere?
Dylan, l’uomo che ha sposato e che ama da sempre?
Nate?
Oppure tutti e due?
Scopritelo leggendo il romantico racconto di Artemide Waleys: “È solo amore” vi aspetta!
https://www.amazon.it/%C3%88-solo-amore-Artemide-Waleys-ebook/dp/B082F1LKHV/ref=sr_1_2?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=e+solo+amore+di+artemide&qid=1579856666&s=books&sr=1-2

mercoledì 22 gennaio 2020

Fine pena: ora di Elvio Fassone

Fine pena: ora
di 
Elvio Fassone
recensione di 
Maria Lucia Ferlisi

L’autore  Elvio Fassone, presidente della Corte d’Assise, è stato incaricato di dirigere il maxi processo contro la mafia catanese, che per motivi diversi si svolgerà a Torino,in una aula creata apposta per i vari imputati, 242, un bunker, superprotetto con una gabbia all’interno che conterrà i vari imputati di volta in volta che verranno chiamati a deporre. Arriva anche lui Salvatore il boss emergente, che tutti gli imputati stimano, onorano e ne hanno un reverente timore. Quando entra nella gabbia occupa il posto in fondo, per guardare e osservare. Pur se distanti si stabilisce da subito un contatto tra il giudice e il giovane capo mafia.
Salvatore è un uomo, ha già ucciso, sa dare ordini, sa farsi rispettare. Fin da piccolo conosceva il suo destino, era nato nel bronx di Catania, era stato cacciato da tutte le scuole, ed aveva cominciato con piccoli incarichi fino ad arrivare al primo omicidio..poi la vita mafiosa va in crescendo e a soli 25 anni è un boss, riverito e temuto. Nei due anni del processo  il Presidente della Corte d’Assise  stabilisce un rapporto di rispetto reciproco, tratta Salvatore da uomo non da mafioso, lo rispetta e il giovane boss  ammira quest’uomo e forse anche di più, quasi  una sorta di elevazione a padre, quel padre che avrebbe voluto, ma il caso della vita ha destinato diversamente. Salvatore stesso dirà: «Se io nascevo dove è nato suo figlio, magari facevo l’avvocato». Una dichiarazione amorevole, non solo una dichiarazione sulla fatalità della vita. 
Il processo termina con l’imputazione dell’ergastolo, che Salvatore accetta perché:
“Presidente, io lo so che lei mi ha dato l’ergastolo perché così dice la legge, ma lei nel suo cuore non me lo voleva dare.”
Finito il processo il giudice Fassone sente di dover continuare il contatto con quel ragazzo che è nato nel luogo sbagliato e scrive d’impeto una lettera accompagnata da un libro Siddharta, non immagina che il “gatto selvatico” gli risponderà, forse no, lui gli ha inflitto l’ergastolo, morirà rinchiuso in quella gabbia carceraria. Invece Salvatore risponde e per ben 26 anni i due si scriveranno.


Un romanzo non facile,  il giudice vuole evidenziare quanto sia duro infliggere una pena a vita a una persona, e se quest’uomo  vuole riscattarsi, non ha alternative se non la morte, non quella naturale, ma il suicidio come unico modo per riacquistare la libertà.
Non è facile pensare che ad un omicidio, anche efferato, si possa concedere la possibilità di riabilitare una persona che non ha avuto alcun rispetto verso altre vite. Dobbiamo realmente credere nella rieducazione di una persona, di credere fermamente che ci possa essere un cambiamento nella loro vita,  che ci sono altre alternative alla vita di prima e che possano realmente cambiare. 
Bisogna comprendere la fatalità della vita, di quanto l’ambiente determini la mancanza di scelte diverse e di come puoi restarne intrappolato come il nostro protagonista Salvatore. Già, nascere da una parte della città ti apre la via ad un destino prestabilito, a cui è difficile ribellarsi e se non hai nessuno che possa farti vedere che ci sono altri modi di vivere, rimani intrappolato in quel giro senza nessuna possibilità di cambiamento perché non conosci l’esistenza di altri modi per vivere.
Un libro di riflessione,  sulla  giustizia e le pene inflitte, ma anche di rieducazione dell’imputato, un romanzo che vuole farci riflettere sulla possibilità di non comminare l’ergastolo, ma di infliggere soltanto una pena massima di 30 anni. 
Non  è facile accettare questo visione, sarebbe una sorta di perdono a largo raggio, non solo dal punto di vista cattolico, ma totale, una riflessione che vi invito a leggere con la mente aperta, ma anche con il cuore.
 Un libro che scuote l'anima, coinvolgente e riflessivo.
SCHEDA LIBRO
AUTORE - Elvio Fassone
TITOLO - Fine pena. ora
CASA EDITRICE - Sellerio
PAGINE - 210
SINOSSI
Una corrispondenza durata 26 anni tra un ergastolano e il suo giudice. Nemmeno tra due amanti, ammette l'autore, è pensabile uno scambio di lettere così lungo. Questo non è un romanzo di invenzione, ma una storia vera. Nel 1985 a Torino si celebra un maxi processo alla mafia catanese; il processo dura quasi due anni, tra i condannati all'ergastolo Salvatore, uno dei capi a dispetto dei suoi 28 anni, con il quale il presidente della Corte d'Assise ha stabilito un rapporto di reciproco rispetto e quasi - la parola non sembri inappropriata - di fiducia. Il giorno dopo la sentenza il giudice gli scrive d'impulso e gli manda un libro. Ripensa a quei due anni, risente la voce di Salvatore che gli ricorda, "se io nascevo dove è nato suo figlio adesso era lui nella gabbia". Non è pentimento per la condanna inflitta, né solidarietà, ma un gesto di umanità per non abbandonare un uomo che dovrà passare in carcere il resto della sua vita. La legge è stata applicata, ma questo non impedisce al giudice di interrogarsi sul senso della pena. E non astrattamente, ma nel colloquio continuo con un condannato. Ventisei anni trascorsi da Salvatore tra la voglia di emanciparsi attraverso lo studio, i corsi, il lavoro in carcere e momenti di sconforto, soprattutto quando le nuove norme rendono il carcere durissimo con il regime del 41 bis. La corrispondenza continua, con cadenza regolare caro presidente, caro Salvatore. Il giudice nel frattempo è stato eletto al CSM, è diventato senatore, è andato in pensione...

L'invenzione di noi due di Matteo Bussola

L'invenzione di noi due  di  Matteo Bussola Impressioni di Maria Lucia Ferlisi  Milo e Nadia si sono conosciuti al liceo tramite tanti m...

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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.