La mia Babele di Marcello Fois

 


La mia Babele

 di 

Marcello Fois

Impressioni di

Maria Lucia Ferlisi



                   La mia Babele di Marcello Fois è una riflessione sul mondo della letteratura e sulla ricerca della "Parola Giusta", non è quindi un romanzo, non è nemmeno una sua biografia, è un intreccio di vita personale di origini, tradizioni e di parole, parole giuste.

Scorrono alcune immagini della sua vita privata, sulla storia locale ma sono un aggancio per le successive riflessioni e sulla nascita di un romanzo, di come uno scrittore inizia a scrivere e sulla ricerca della perfezione del linguaggio, sulla buona scrittura.

 Riflette anche sui traduttori e sull'incapacità a volte di tradurre in un'altra lingua alcune espressioni e lo scrittore la vede come un tradimento dello scritto iniziale, ma il romanzo deve avere una vita simile al paese in cui viene tradotto e a volte si devono accettare compromessi linguistici.

Nel romanzo troviamo la personalità dell'autore, le sue emozioni, i suoi ricordi, i suoi principi, i suoi valori, una storia che mostra come uno scrittore deve lottare per scrivere, come deve cedere su alcuni tratti e come può effettuare la scelta di dire NO a una grande casa editrice per difendere la sua scrittura e il suo pensiero. Perché la scrittura deve essere libera senza compromessi e deve rispecchiare le emozioni e le idee di chi scrivere.

Marcello Fois non  accetta il tradimento con il lettore, con in suoi romanzi si pone per quello che lui è, è stato e sarà, un tacito contratto di onestà intellettuale con il suo pubblico di lettori.

Un romanzo che consiglio a chi scrive per meditare e riflettere sui propri scritti e sull'uso della parola scritta.

Scheda Libro

Autore: Marcello Fois

Titolo: La mia Babele

Casa Editrice: Solferino

Pagine: 144

Trama

Una nascita rocambolesca, un battesimo in articulo mortis che gli regala almeno tre nomi, un’infanzia da predestinato alla gloria in quanto figlio unico, un difficile apprendistato da «sardoparlante» (per di più con gli occhiali) nella scuola di lingua italiana, una precoce lettura del Conte di Montecristo senza sapere cosa fosse un abate... 

La storia del protagonista di questo libro, che forse ne è anche l’autore, è segnata da un’incessante lotta con l’angelo, e l’angelo è il linguaggio. Inutile stupirsi se, dopo un breve e infelice passaggio a Medicina, la scelta sarà laurearsi in Italianistica, in una Bologna illuminata dalla predicazione laica di Ezio Raimondi, per poi diventare scrittore, per di più tradotto all’estero.

Si aprono così le porte di una Babele popolata di esseri strani, i traduttori, il cui compito preciso sembra essere travisare ciò che scrivi, ma nel modo giusto: perché tradurre significa tradire, per far vivere il testo non solo in un’altra lingua ma in un’altra cultura. E il testo, si suppone, ringrazia; ma l’autore? La vita diventa letteratura, che a sua volta innerva la vita: accade nelle pagine di questo memoir letterario in cui si rincorrono ricordi d’infanzia e storia sociale, incontri e autoanalisi, avventure in terra italiana e straniera e riflessioni attraverso le lingue, non solo d’Europa. 

In un racconto che per esser vero non è tuttavia meno apocrifo, Marcello Fois conduce il lettore all’appuntamento più importante, quello con la parola giusta, capace di illuminare una pagina come una vita.

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