venerdì 8 novembre 2019

Amor che torni … di Lodovica San Guedoro


 Amor che torni …
di
Lodovica San Guedoro
recensione di 
Maria Lucia Ferlisi




Sono passati soltanto dieci giorni da quando Lodovica e Kasim, amanti, si sono lasciati. Una lunga e triste eternità, dove l'apatia e la tristezza avvolgono la donna, un amore, puro e toccante, è finito, ed anche se il marito la conforta, la sua anima è morta. Lodovica trascina la vita nella monotonia coniugale e nei problemi tecnici di vita famigliare.

La donna ripensa al suo romanzo “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé ...”, dove ha narrato la travolgente passione per Kasim, amore giovane, in cui ha vissuto  una rinascita come donna e autrice, non ha vinto il premio Strega, a cui auspicava, ma i baci e il corpo giovane dell'amante l'hanno aiutata  a superare la forte delusione.

Quando tutto è perduto eccolo che lo rivede, vicino alle vie dove erano soliti incontrarsi, in un mercatino delle pulci, mentre era intenta a cercare un' aspirapolvere, ecco che lo intravede, è diverso, è smagrito, ma lo riconoscerebbe in mezzo a una moltitudine.  Gli corre incontro,   sfida tutte le giuste precauzioni per guardarlo da vicino, per scambiare poche parole con il suo amore.

Nel rientro a casa, la vita riprende a battere nel corpo di Lodovica, lui è vicino a lei, forse il loro amore così puro, può riprendere, nonostante l'addio definitivo avvenuto da pochi giorni.

Mentre gli operai stanno ristrutturando la sua casa, immergendola nella polvere, la sua mente è volta al viso smagrito del suo amore, adesso ha anche la barba, ha perso lo smalto di quando l'aveva conosciuto in quel giardinetto, diventato il loro rifugio, dove ogni albero contiene il respiro della loro passione.

Lodovica tentenna, vuole scrivergli, ma non vuole al tempo stesso rompere quel patto che suggellava la rottura dell'amore, alla fine cede e prende per pretesto il nuovo romanzo che ha iniziato, ha bisogno di sapere altro, una scusa che ha già funzionato e funziona anche adesso.

Si rivedono, lui è impacciato, la famiglia, la moglie gli tolgono ogni energia. Kasim è l'ombra di se stesso.

Lei ne è rattristata, si era anche preparata delle domande sulla guerra in Bosnia, paese dove lui è nato, dove i suoi occhi hanno assistito al terrore di quella guerra, lui, il suo amore musulmano, così diverso dal marito. Gli pone le domande e lui risponde mettendo a nudo la verità che si nasconde dietro ogni guerra.
La terza notte vennero. Vidi subito una grande luce abbagliante e persi conoscenza. Al risveglio, vidi ancora tutto bianco sopra di me: capii lentamente, a fatica, che era un soffitto. Mi trovavo in un ospedale:l’ospedale in cui ero stato portato dopo essere stato ferito e dove avevo trascorso tre giorni in coma. Le schegge della granata mi avevano colpito alla faccia, rompendomi denti e l’articolazione di una mandibola. L’onda d’urto mi aveva schiacciato le costole nei punti in cui, nella bandoliera, si trovavano i pezzi di ricambio…” Ero sempre più turbata, mi sentivo prossima a tremare... “Tua madre, tua madre come si comportò, quando ti svegliasti?”, lo interrogai con un fil di voce. “Piangeva…” “E dopo, a casa, nel tempo che seguì?”, domandai ancora, immaginando la disperazione più nera, immaginando che si strappasse i capelli, che la casa risuonasse dei suoi gemiti, dei suoi singhiozzi e delle sue grida per quel figlio bambino dato in pasto alla guerra, per il martirio di quel suo bambino innocente, che si buttasse per terra in predaalle convulsioni. Ma lui fu riservato, disse solo che certo sua madre era addolorata.

Kasim parla della sua esperienza, è un fiume in piena, parla del padre, dei caschi blu, della scelta di lasciare quell'inferno, lei ascolta, sorpresa e amareggiata. Soltanto ora scopre il passato straziante del suo amato.
Mi aveva ancora una volta sorpresa, mi aveva scossa di profonda meraviglia. In un’ora appena, mi aveva rivelato il suo essere, celato per un intero anno.

Gli incontri riprendono, i loro passati s'intrecciano e si legano in una nuova passione più consapevole, dove cercano di conoscersi a fondo.
Si incontrano, i pretesti sono sempre diversi, fuori o in casa e lei gli legge le pagine del suo romanzo in cui descrive la loro passione nei minimi particolari. Le mail si susseguono...e i racconti anche, e come se fosse un bambino gli legge "I ragazzi della via Paal", a lui che non ha mai ascoltato fiabe prima di addormentarsi. Il suo sguardo la ripaga di ogni momento trascorso insieme.
Gli incontri riprendono, i dubbi sono tanti, Kasim l'ama davvero, un quesito che le strazia l'anima, lui sembra spaventato, titubante, le sfugge, eppure la cerca, per poi sfuggire ancora..

L'autrice continua il resoconto preciso nei giorni, nelle ore e nei minuti di questa passione sconvolgente per Kasim, lo fa con la solita scrittura attenta, precisa, poetica e aulica. Anche questa volta trascina il lettore nella lettura di questa storia d'amore terrena e potente, e riesce a tramutare i gesti più insignificanti in momenti poetici che si coniugano con questo amore come un continuo presagio. Ancora una volta, la quarta per la precisione, il suo romanzo è candidato al Premio Strega. 

Lasciatevi trasportare nel mondo magico e poetico di Lodovica San Guedoro e troverete una donna che lotta con le ingiustizie della vita, come la sua difficoltà a entrare nell'olimpo della letteratura con la vittoria del Premio Strega o Viareggio, o semplicemente lotte di vita quotidiana, come lottare contro l'incapacità degli operai che ristrutturano la casa. Momenti di normalità, amarezza, gioia, tristezza, felicità, che s'intrecciano nel miracolo della vita, nei ricami delle parole dell'autrice con questa storia di amore extraconiugale, con un linguaggio aulico e penetrante.

Autore: Lodovica San Guedoro
Titolo: Amor che torni …
Editore: Felix Krull Editore
Pagine: 504

Sinossi
Amor che torni ...” è la continuazione di “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé ...” e delle peripezie dei due amanti protagonisti: del loro errare e soffrire, cercarsi e sfuggirsi, ferirsi e amarsi, mille volte perdersi e ritrovarsi infine una sera di aprile, nel modo più inaspettato, prodigioso e fulmineo. Ha lo stesso respiro epico e insieme intimo, la stessa struggente dolcezza, la stessa potenza di sentimenti, le stesse grandi ali dispiegate nel sogno. Perché i due libri sono in verità un unico romanzo, una summa di tutte le storie d’amore mai scritte, di tutti i tormenti e le gioie d’amore mai vissuti, di tutta la psicologia amorosa descritta e sintomatologia amorosa rappresentata dall'inizio della storia umana, ma anche, e più d’ogni altra cosa, un paradigma dell’impossibile che si rivela possibile.

Breve estratto:
Come descrivere l’inesprimibile, particolarissima condizione del mio spirito dopo, il giorno seguente, i giorni e le settimane che si affastellarono su di me? Galleggiavo trasportata come una foglia semimorta dalla corrente dei giorni, senza peso, senza corpo. Il sangue era stato dato tutto. Dopo tutti quegli sforzi e quelle lotte per domare la mia sventura e riportarlo a me, le mie vene erano rimaste vuote. Avevo fatto l’impossibile. Avevo sostenuto tutte le lotte che c’erano da sostenere, usato tutti gli stratagemmi che si potevano usare. E ora seguiva un silenzio immoto. Ora non c’era più appiglio di speranza, ora la certezza era definitiva, ora non restavano più lotte da sostenere contro il destino, sperando disperatamente di capovolgere il suo decreto: il destino si era espresso a fondo, il suo verdetto era irreversibile, pur se pronunciato nella forma più dolce, soave e pacificatrice.
E come immaginare, come prevedere che quella mattina di maggio, ad appena dieci giorni dal memorabile, irrevocabile addio, me lo sarei visto improvvisamente riapparire davanti a poca distanza da casa mia?! …
Era il due, un sabato, e il quartiere, invaso dai mercatini, brulicava di gente. Ogni anno le stesse scene, lo stesso viavai, fra tavoli e banchetti subissati di ogni genere di paccottiglia rastrellata nelle cantine. Ogni anno rimanevo esterrefatta di fronte all’indecente bruttezza degli oggetti che erano capaci di riversarsi da case e ville dalle facciate spesso tanto contegnose o graziose. Ciò nonostante, anch’io m’inoltravo regolarmente tra quei tavoli e banchi, perché avevo il misterioso dono di scovare sempre qualche cosa di utile o di bello. Anche quella mattina avevo avuto occhio e fortuna e comprato, con quindici euro in tutto, un bel vestito azzurro di seta e un vestitino corto marrone di maglia, entrambi nuovi, che sarebbero andati ad arricchire il mio guardaroba estivo. Se, mentre volgevo i passi verso casa, non fossi stata assillata dal pensiero di un aspirapolvere, avvistato durante il mio giro sulla N. Strasse, e non avessi invertito la direzione per andare a chiedere quanto costasse, non sarei tornata a casa per la B. Strasse, la stradina dove abitava Lucia. E non vi sarei passata a quell’ora precisa … Malgrado il prezzo di dieci euro, fissato dalla coppia che lo aveva messo in vendita, fosse estremamente allettante, l’aspirapolvere in ottime condizioni e per di più di una marca pregevole e robusta che avevo già avuto modo di sperimentare quando vivevo a Vienna, non avevo infine potuto decidermi per l’acquisto senza il parere di Hans: perché un aspirapolvere lo avevamo già e, per mancanza di spazio in casa, avevamo persino messo in strada con il cartellino zuverschenken un secondo esemplare, nuovo di zecca, rivelatosi poco maneggevole, a dispetto dell’agile apparenza, che avevo comprato per mio uso personale. Avanzavo assorta sullo stretto marciapiede animato, galleggiando in una calma, atona deriva. E pur nella nebbia di quello stato onirico e vago in cui ero sospesa, pur essendo come disincarnata, sentivo di essere abbattuta, smarrita e priva di forze: sentivo di essere stanchissima.
Ad un tratto, proprio mentre giungevo all’altezza del cancello della mia amica, mi vidi sorridere dal noto viso … Ci separavano ancora diversi metri, quando era comparso nel mio campo visivo. Lo fissai incredula, come si fissa una visione. Con la sua vista soprannaturale, lui mi aveva individuata per primo, e chissà quanto marciapiede avevo percorso, inconsapevole, sotto il suo sguardo … Le mie percezioni e i miei sentimenti, per quasi tutta la breve durata dell’incontro, furono come avvolti in una membrana di opacità. Eppure vidi che era bello in modo conturbante, gli occhi grandi, verdi, splendenti, che, in quel momento, singolarmente, si modellarono in quel particolare selvaggio taglio inclinato slavo … Ma, quando fummo vicini, notai con ottuso stupore e tristezza che aveva la fronte solcata da rughe di fatica e stanchezza. Era solo, con lui non c’era moglie né bambino.
Potevamo, perciò, parlare. “Come stai?”, chiese, fermandosi. “Bene …”, risposi, fermandomi anch’io. “E tu?” “Bene …” Ci spostammo di lato. “Ma quindi non sei ancora partito …”, osservai, meravigliata. “Abbiamo rinviato al diciassette …” Aggiunse una frase frettolosa sulla moglie. Mi pare che nominasse il Kaufhof dell’Olympia Einkaufszentrum. Forse, avendo iniziato a lavorarvi da poco, Pamina non aveva ottenuto la vacanza su cui contava … “Starò via tre settimane …”, ci tenne a farmi sapere.

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Lettrice accanita, scrittrice irregolare, gestisco un blog, una pagina ed un gruppo sempre con lo stesso nome: La Lettrice di carta. Amo i personaggi femminili e maschili tormentati, quelli che hanno un passato duro da raccontare, ma da buona lettrice non disdegno altri generi letterari. Non credo che possa esserci un libro brutto, ogni romanzo troverà sempre il suo lettore a cui la storia piacerà. Il mio romanzo preferito: Storia di una capinera di G. Verga.