Eleanor Oliphant sta benissimo
di
Gail Honeyman
Recensione di Maria Lucia Ferlisi
Eleanor
Elephant ha 30 anni, una laurea in lettere, vive in una casa popolare
e da circa 10 anni lavora nello stesso ufficio. Ogni mercoledì
riceve la telefonata dalla madre e chiacchiera con lei per 15 minuti,
ma non le piace parlare con lei, ogni volta la rende inquieta e agitata.
La
sua unica compagnia è la solitudine, insieme con i rituali dei gesti
ripetitivi. Non cura il suo aspetto e non fa nulla per piacere agli
altri, nemmeno sul posto di lavoro. Ma "Eleanor Oliphant sta
bene, anzi benissimo".
Questa
è la sua vita, non ne ha conosciute altre. Sul posto di lavoro non
parla con nessuno, non socializza nemmeno durante la pausa pranzo,
preferisce consumare un sandwich e leggere il "Daily
Telegraph"perché all'interno contiene le più belle parole
crociate.
Il
cibo per lei è soltanto un nutrimento essenziale per la
sopravvivenza, un "mangime economico", giustamente
equilibrato. La sera dopo aver letto una mezz'ora, va a letto alle
22.
Il
fine settimana è diverso, compra una pizza margherita dal solito
pizzaiolo vicino casa, del Chianti e due bottiglie di vodka sempre
della stessa marca, si scola tutte e due le bottiglie, poi cade sul
letto completamente sbronza.
Lei è
felice, ammesso che conosca il vero significato della parola. Non
conosce l'amore, ha vissuto sempre in case famiglie e ha vaghi
ricordi della vita passata con la madre. Ha vissuto con un ragazzo
che la picchiava continuamente, dopo averle rotto varie ossa, ha
deciso di lasciarlo. Adesso è infatuato di un cantante locale. Lo
segue, lo pedina, s' intromette nella sua casa.
La
sua vita viene stravolta dopo uno scambio di battute con un collega
di lavoro che si ostina ad invitarla fuori, Raymond è gentile con
lei, per lei è una novità, non sa come comportarsi. Insieme
soccorrono una persona anziana che verrà ricoverata in ospedale,
Eleanor si trova di fronte al calore di una famiglia, di cui non
ricorda il tepore e i comportamenti.
È
come una bambina che assiste a bocca aperta allo svolgersi della sua
vita, fino ad arrivare a stravolgerla per ricostruirla.
La
protagonista è strana, asociale, stravagante, ma ci innamoriamo del
personaggio.
Un
romanzo delicato e tragico, scritto in prima persona, ci parla
del disagio sociale di Eleanor.
L'autrice
Galy Honeyman conosce bene l'animo devastato e lo propone ai
lettori attraverso tutti gli aspetti, con una scrittura
straordinaria, intima e diaristica.
Il
ritmo è lento, come il processo di consapevolezza del proprio io,
della propria esistenza e delle cicatrici che hanno reso Eleanor
quello che è, non solo nel viso, ma nel suo essere.
Eleanor
non sta bene, e nemmeno benissimo, lo sa, ma finge di esserlo; tenere
chiuso dentro di sé il passato è necessario, evita un'inutile
ulteriore sofferenza.
Eleanor
non vuole ricordare, non vuole aprire le sue ferite, non vuole
soffrire.
L'incontro
con Raymond le apre un mondo nuovo, una nuova consapevolezza
s'impadronisce di lei, sempre dettagliatamente e con cura l'autrice
ci mostra il passato della protagonista.
Raymond
prende per mano Eleanor, con dolcezza e pazienza per condurla nella
vita reale. Le fa conoscere altre persone, altri modi possibili di
vita. Tocca a lei, a lei sola, guardare la cicatrice e decidere se
guarirla o continuare nella finzione di un mondo bevuto e
anestetico.
Tocca
a lei percorrere la via verso la rinascita.
Un
consiglio: non fermatevi alle prime pagine, so che l'inizio è noioso
e lento, ma continuate la lettura del romanzo, la trama vi
coinvolgerà e anche voi avrete voglia di conoscere le ferite di
Eleanor.
Scheda Libro
Autore: Gail Honeyman
Titolo: Eleanor Oliphant sta benissimo
Casa editrice: Garzanti
Pagine: 344
Sinossi
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent'anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient'altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E questo ha cambiato ogni cosa. D'improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina