di
Ariana Harwicz
impressioni di Maria Lucia Ferlisi
La protagonista non ha un nome, vive con la suocera da poco vedova, il marito è il suo bambino appena nato di sei mesi. Tutto procede normalmente per chi vive al di fuori, una famiglia normale, con i ritmi che impone la società, casa, lavoro, sostegno alla suocera che sta affrontando la vedovanza e la crescita del figlio che deve essere amorevole di assoluta dedizione e amore per il neonato.
Ma la vita è diversa, quello che si svolge all'interno non appare agli altri come è realmente. Crescere un figlio è una dura impresa, nessuno ci insegna a crescere un neonato e ci si ritrova spaesati, con l'ansia di non saperlo crescere nel modo giusto. Ma qual è il modo corretto di allevare un figlio? Dove sono i manuali? Poi prevedono tutti i casi? Intanto lui piange, e tu non comprendi, avrà fame? avrà sete? mal di pancia? voglia di coccole? Quale sarà la sua richiesta, non la sai, devi comprenderla al momento ma intanto lui strilla, piange, urla come una sirena. Ti aggredisce la voglia di tappargli quella bocca... Non puoi farlo, lo sai bene, ma è un tarlo della mente che a volte non vuole andarsene e rimane li per angosciarti maggiormente.
Tutte hanno fatto un figlio prima di te, cosa c'è di difficile? I giovani d'oggi non sanno affrontare le difficoltà, basta dargli il biberon e cullarlo ...
Realtà e sogni si confondono e rendono ancora più difficile in questo arduo compito della maternità, tutti pensano al neonato, tu chi sei adesso, non riesci più a comprenderlo, il tuo corpo è trasformato, le tue priorità non esistono più, non puoi fare altro che badare a quel moccioso che ha sconvolto la tua vita, rendendola solo moccio, rigurgiti, biberon e cacca. Questa è la maternità? la protagonista non la vuole, non l'accetta, fare un figlio non può essere l'annullamento totale della propria esistenza.
Sei una strega, un mostro, una madre negata?
Lui piange e strilla e tu urli il tuo dolore.
Tutti voglio aiutarti ma nessuno ascolta la tua voce dolorante e angosciata.
L'autrice con questo romanzo crudo e fuori dal coro ci mette di fronte all'idea di una maternità sofferente, in un mondo che ricerca la perfezione, in cui tutte sono felice di allevare un paffutello neonato. Lei no, lei sta male, soffre, non sa come accettare il cambiamento della sua identità. La maternità è anche questo: sofferenza, angoscia, paura di non farcela.
Lo stile narrativo esprime il tormento esistenziale della donna con frasi sconnesse, con i salti di tempi e di luoghi e lascia il lettore smarrito come lei , la protagonista smarrita di questo romanzo coraggioso.
💛💛💛💛
Scheda libro
Autore: Ariana Arwicz
Titolo: ammazzati amore mio
Casa Editrice: Ponte alle Grazie
Pagine: 168
Trama
In un angolo remoto della campagna francese una donna vive col marito, il figlio di sei mesi e la suocera da poco vedova: una vita coniugale e domestica apparentemente senza drammi; una vita normale. Ma niente inganna come la normalità. In un monologo denso e compatto, la protagonista senza nome racconta un anno e mezzo di lotta contro il demone delle costrizioni psicologiche e sociali, demolendole una ad una: maternità, amore, matrimonio, famiglia, tutti i gioghi cui una donna deve piegarsi per essere accettata. Poco importa se i vicini la chiamano strega, se il marito e la suocera si ostinano a fornirle tutto l'aiuto di cui credono abbia bisogno. La sua pazzia crescente è un eccesso di lucidità, un grido di dolore contro una vita che si ripete per schemi, un tentativo di superare il desiderio e la sopraffazione per ritrovare infine sé stessa. Il flusso di pensiero della protagonista avvolge il lettore, trascinandolo in un universo parallelo di violenze immaginarie e reali, in boschi dove una natura inquietante diventa il riflesso di un io dilaniato. Una tensione continua percorre questo libro: impossibile staccarsi dall'incantesimo di una scrittura sempre vibrante, che riesce come poche a dar conto della sofferenza e dell'alienazione.
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