Maria Messina, una scrittrice dimenticata


Maria Messina


Maria Messina

Nacque a Palermo il padre Gaetano era un ispettore scolastico, la madre Gaetana Valenza Trajna era la  discendente di una famiglia baronale di Prizzi. 

 La scrittrice  trascorse l'infanzia a Messina e a Mistretta, mentre nell'adolescenza  viaggiò molto nel Centro e Sud per stabilirsi  a Napoli nel 1911,e contestualmente prese inizio alla sua carriera di scrittrice. A soli 20 vent'anni le fu diagnosticata la sclerosi multipla, ma questo evento cruciale della sua vita non le impedì di continuare a scrivere. Ebbe una fitta corrispondenza con il grande Verga e grazie al suo appoggio pubblicò la sua prima serie di Racconti con il titolo: LUCIUZZA . Con il racconto LA MERICA vinse anche il premio Medaglia d'oro.

Scrisse diversi racconti e tantissime novelle e anche racconti per ragazzi.

I suoi romanzi:

  • Alla deriva, Milano, Treves, 1920; 
  • Primavera senza sole, Napoli, Giannini, 1920;
  • La casa nel vicolo, Milano, Treves, 1921; .
  • Un fiore che non fiorì, Milano, Treves, 1923; 
  • Le pause della vita, Milano, Treves, 1926; 
  • L'amore negato, Milano, Ceschina, 1928

L'ultimo romanzo fu L'amore negato nel 1928, poi, a causa dell'aggravamento della malattia, dovette interrompere la scrittura.
 Morì nel 1944 a Pistoia. 

Nel 2009 fu dichiarata cittadina onoraria di Mistretta e le sue spoglie furono trasportate nel paesino descritto in tanti suoi racconti.
Le sue opere caddero nell'oblio, e fu ben presto dimenticata, nel 1980 fu riscoperta da Leonardo Sciascia che fece ripubblicare quasi tutte le sue opere con la casa editrice Sellerio, grazie a lui c'è stata una riscoperta di questa autrice che non viene citata nei libri di testo nella corrente letteraria del Verismo, le "vinte", "le oppresse " non hanno un luogo per essere ricordate.
La sua scrittura riflette molto l'influenza del Verismo e del suo autore preferito: Giovanni Verga, poi la sua linea letteraria si definirà come narratrice del reale quotidiano della società, ma sempre senza mai scostarsi dal narrare la realtà dei "vinti", scegliendo di mettere in luce le storie delle tante donne che aveva incontrato o ascoltato nei "cunti" delle donne nei cortiletti delle case della sua infanzia.
Racconterà di  donne che la vita ha provato molto, che hanno dovuto rinunciare, che non hanno lottato ma si sono lasciate abbattere da quella forza sottile della società che ti lega in certi ruoli dai quali è impossibile uscirne. Sono donne, ragazzette, bambine che conoscono l'impossibilità di sottrarsi ai giudizi, ai pregiudizi, alle regole del tempo, ma tutte hanno una dignità e una forza da accettare quasi con un sorriso l'ineluttabilità della vita. 

                   Non possiamo considerarla una femminista, ma solo una scrittrice che ha saputo
 raccontare al meglio le storie di vita delle "vinte", che nei suoi romanzi acquistano dignità e rispetto.
Leonardo Sciascia la definì la Mansflied italiana, per la sua capacità di raccontare la realtà quotidiana del sud e non possiamo che condividere la sua definizione.









Maria Lucia Ferlisi
(grazie a Wikipedia per la biografia)

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