Recensione di Maria Lucia Ferlisi
Una storia breve e amara in cui ogni parola è pervasa dalla sofferenza dell'autore che si è rifugiato in Grecia per allontanarsi da un regime sempre più restrittivo, sognando la libertà di movimento e di parola. Ma la libertà sognata non corrisponde alla realtà, adesso sei in terra straniera e tutti ti guardano, ti osservano, sanno che sei straniero ancor prima che tu apra bocca, il detto tipico, stessa faccia stessa razza, scompare, per lasciare posto ai pregiudizi, alla chiusura, al razzismo, si perché bisogna usare le parole chiare e corrette.
Tutto il libro è pervaso da questo mostro che divora le persone: il razzismo, il non riconoscere che l'altro è una persona. Tutti noi non sappiamo la nostra origine, nessuno di noi ha il sangue di un solo colore, siamo il frutto dei nostri avi, delle migrazioni di milleni fa, siamo il risultato di lente trasformazioni, quando ancora non si leggeva negli occhi il disprezzo per l'altro.
Adesso ogni nazione ha degli aggettivi e ogni persona lo rappresenta, gli albanesi sono ladri e assassini, questo pensano i greci per ogni albanese che arriva, ma non sono solo loro ad avere una visone chiusa del mondo. Ed ecco che il migrante soffre due volte, una per l'abbandono della terra natia, del taglio doloroso delle proprie radici, la seconda volta soffre nella nuova terra, ha perso la propria identità, è solo in una terra nuova che non conosce.
Allora ecco che cerca di avere successo, di diventare "qualcuno", così vedranno che sono una brava persona, come loro. Il migrante si sforza, e pensa: forse se imparo bene la lingua mi accetteranno, forse se divento invisibile e non mi faccio notare divento uno di loro, forse, ma dentro al suo cuore sa che una volta che recidi il passato, non avrai altre radici in nessun altro posto, rimarrai sempre un migrante e ogni volta ti domanderanno "ma tu da dove vieni?", ma senza il desiderio di conoscerti, no, la domanda è posta solo per farti notare che tu non sei come loro.
Un romanzo amaro, questo scritto da Gazmend Kapllani, in alcuni tratti ironico, ma attraverso la doppia scrittura dai due punti di vista di chi sogna e di chi lotta per avere una nuova vita, ci mostra quanto la visione di razza permane, il diverso non è accolto come risorsa, no, e non lo sarà mai.
Siamo in un epoca in cui gli uomini pur essendo immersi nella multiculturalità, molti sembrano voler trattenere a tutti i costi la propria identità , dimenticando che il nostro dna è intriso di altre identità.
Una storia che definisco "specchio", perché mi rivedo in ogni frase, in ogni chiusura, in questa mancanza di radici...l'autore sarà sempre un albanese, ed io sarò sempre una meridionale.
Questa storia la consiglio a tutti coloro che soffrono per questa mancanza di radici. A me ha fatto bene, la condivisione di questa nostra sofferenza comune, ti fa sentire meno sola.
Buona lettura a tutti voi
Scheda Libro
Autore: Gazmend Kapllani
Titolo: Breve Diario di Frontiera
Pagine: 186
Casa Editrice: Del Vecchio Editore
Sinossi
Un libro decisamente attuale!
RispondiEliminaCara Nicoleè vero, è ancora attuale e la sindrome del migrante è dura da sopportare, un fardello che si ripete ogni volta che ti domandano: "Ma tu da dove vieni?".
RispondiEliminabuona giornata e grazie per aver letto la recensione.